domenica 3 novembre 2013

Peace Vista Chino (Napalm Records 2013)












Allora vediamo dove eravamo rimasti..ah si con la reunion 2011 sotto il monicker Kyuss Lives che ha portato in giro per il globo i fasti della band stoner per eccellenza, grazie a quei capolavori come Blues for the Red Sun e Welcome to the Sky Valley, pietre miliari degli anni Novanta.
Ovviamente alla reunion in questione non partecipò Josh Homme, il quale diede comunque il suo benestare per l'operazione amarcord, ma quando si susseguirono voci di un nuovo album targato Kyuss, il chitarrista dei Queens of The Stone Age iniziò una battaglia legale per l'uso improprio del nome della band e cosi, a distanza di due anni, ecco i Vista Chino, ovvero John Garcia, Nick Olivieri, Brant Bjork ed il chitarrista belga Bruno Fevery al nuovo debutto discografico per non dire alla nuova reincarnazione dei leggendari Kyuss.
L'attacco iniziale di Dargona Dragona è micidiale(anche il titolo stralunato lo è..come da tradizione), con quelle chitarre sature che anticipano l'attacco basso-batteria che tanto ha fatto sbavare i fans di Sky Valley. La voce di Garcia è graffiante ed acida come non mai e migliore apertura non la si poteva chiedere.
Sembra che il tempo non abbia scalfito l'identità di questa band che con questo Peace ha riacceso gli amplificatori ed ha iniziato a picchiare duro esattamente dal punto in cui si erano interrotti nel 1995: Planets 1 &2 è la degna erede di Green Machine con il suo riff spaccacollo ma il fattore aggiuntivo sono quelle linee melodiche che Bruno Fevery tira fuori dalla sua chitarra fino all'implosione finale di suoni distorti.
Ed ecco il nodo gordiano su cui ruota l'attenzione di tutti: l'assenza di Josh Homme soppiantata da un chitarrista semisconosciuto che raccoglie l'eredità di uno dei musicisti più geniali degli Anni Novanta.
Anche senza Homme , Peace ed i Vista Chino stanno in piedi con le proprie gambe, provate ad ascoltare la lunga suite Acidize..The Gambling Moose, tredici minuti che racchiudono tutto il meglio che possano proporci tra cavalcate dirompenti e momenti sognanti, il tutto guidato dalla voce di Garcia,uno sciamano che interpreta al meglio le composizioni, alternando parti graffianti a passaggi melodici.
Adana è un blues malato, figlio della solitudine magica che solo il deserto può evocare, mentre la latineggiante Mas Vino è il preludio a Dark and Lovely oscura canzone di confine tra terre desolate.
I Kyuss (perchè nonostante il cambio di nome per me rimangono tali) sono tornati, per dominare di nuovo le strade polverose, le dune striscianti ed adorare il sole cocente che ha dato loro fonte d'ispirazione e si mettano il cuore in pace i detrattori che non hanno mai visto di buon occhio questa reunion: i Vista Chino hanno ripreso in mano lo scettro dello stoner e sinceramente va bene cosi, visto che non ho mai sopportato la svolta stilistica di Homme ed i suoi QOTSA, troppo fighetti e puliti per i miei gusti, mentre, al contrario ho sempre adorato le sonorità sporche, grezze ed allucinate di capolavori come Blues for the Red Sun e Sky Valley e non chiedevo di meglio che un ritorno in grande stile come questo.
P.S.
Tra poco i Vista Chino saranno in visita in Italia per un unica data il 16 Novembre al LiveClub a Trezzo d'Adda...
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domenica 20 ottobre 2013

Heartwork Carcass (Earache Records 1994)












Nell'Inghilterra di fine anni Ottanta si sviluppa un movimento di musica estrema che fa capo ad una label discografica destinata a divenire di culto negli anni a seguire: la Earache Records.
Il "Mal d'Orecchie" si espande anno dopo anno facendo conoscere band intransigenti che fanno dell'estremismo sonoro il loro manifesto musicale.
Sto parlando, tra i tanti nomi, di Napalm Death, Cathedral, Bolt Thrower e anche i Carcass.
Il quartetto proviene da Liverpool e si distingue, nei suoi primi album, per un suono marcio e saturo, riconducibile al filone "grind core", con testi che sembrano presi da un quaderno di appunti di un patologo criminale tanto i riferimenti all'anatomia umana sono dettagliati, cosi come lo sono dissezionamenti e mutilazioni.
Ma la svolta della loro carriera avviene con l'uscita di Heartwork, nel 1993, un album diverso e maturo che lascia tante aperture melodiche al loro sound e li farà conoscere al di fuori della cerchia dell'underground estremo.
L'innesto di un nuovo chitarrista nella line up, ovvero lo svedese Michael Ammott, è il principale motivo di questo cambiamento. Il suo modo di suonare si avvicina molto al metal classico ed anche gli assoli ora sono ben strutturati con un ottimo taglio melodico, lontano anni luce dalle sfuriate dei lavori precedenti.
Per il resto, complice anche una produzione eccezionale, l'album suona compatto e monolitico con una gamma di riff da spaccare il collo.
La titletrack sta ai Carcass come Master of Puppets sta ai Metallica: è il loro capolavoro, la canzone da lasciare ai posteri come eredità da tramandare: il ritmo ossessivo dettato da quella macchina macina riff di Bill Steer, la voce gutturale di Jeff Walker che distorce le parole dei testi, gli assoli di chitarra che si rincorrono lungo i quattro minuti di durata e un appeal che potrebbe essere anche commerciale( per quanto possano essere commerciali i Carcass), ma è davvero difficile resistergli.
Anche i testi di questo album si discostano dalle tematiche dei dischi precedenti: vengono trattati temi come la guerra, il lavoro e la politica ( non dimentichiamo che i ragazzi provengono da Liverpool, città portuale che in quegli anni ha vissuto una crisi economica non indifferente), ma anche argomenti più intimi e personali come l'amore e la ricerca interiore.
L'opener Buried Dreams (andate ad ascoltare che assolo ci mette dentro Michael Ammott!!) è una dichiarazione di guerra che si apre con il grido
                      Welcome to a World of Hate,a Life of Buried Dreams
un grido di mera frustrazione dove è la disperazione a farla da padrone

When aspirations are squashed
When life's chances are lost
When all hope is gone
When expectations are quashed
When self esteem is lost
When ambition is mourned

All you need is hate 

La successiva Carnal Forge, forse la più vicina al passato dei Carcass, soprattutto per il lessico molto gore oriented si schiera contro la guerra, contro la carneficina di corpi mandati al mattatoio dei campi di battaglia ed è un altro highlight di questo album.
Il songwriting è sempre caratterizzato da una sorta di humour nero, basti pensare alla traccia Arbeit Macht Fleish ( la scritta che campeggiava sul cancello di Auschwitz), la loro personale visione sulla alienazione data dal lavoro in fabbrica, dove se ne esce consumati e svuotati nell'animo.

Up to the hilt, depredated

Raw materialism
To stoke the furnaces
Toiling, rotting
Life slowly slips away
Consumed, inhumed
In this mechanized corruption line
By mincing machinery industrialised - pulped and pulverised
Enslaved to the grind

No Love Lost e la stessa Heartwork hanno tematiche più personali, come l'amore e le relazioni interpersonali, segno di un ulteriore maturità della band stessa che va di pari passo alla svolta melodica di questo album che non conosce momenti di calo e raggiunge la perfezione quasi assoluta.
Con gli anni questa pietra miliare diverrà il simbolo di un nuovo movimento all' interno della comunità metal, soprattutto in Europa, visto che verrà preso ad esempio come capostipite della scena death melodica che si svilupperà in Scandinavia e vedrà protagonisti At The Gates, Dark Tranquillity ed In Flames.
Per quel che riguarda la carriera dei Carcass, purtroppo non riuscirono a dare un degno seguito ad Heartwork, rilasciando un disco scialbo ma dal titolo profetico come SwanSong, forse distratti dai troppi progetti paralleli dei singoli membri della band, cosa che portò allo scioglimento della band stessa e la conseguente, in tempi recenti reunion richiesta a furor di popolo.

A canvas to paint, to degenerate
Dark reflections - degeneration
A canvas to paint, to denigrate
Dark reflections, of dark foul light


domenica 6 ottobre 2013

In Utero Nirvana (Geffen Records 1993)












23 settembre 1993...5 aprile 1994..è passato meno di un anno dall'uscita dell'ultimo album dei Nirvana e il suicidio del suo leader Kurt Cobain, ma in questi solchi c'è davvero tutta la rabbia ed il disagio che il biondo cantante aveva accumulato aumentata a dismisura nei suoi ultimi anni di vita.
Ma partiamo dall'inizio, ovvero dall'eredità del pluripremiato  Nevermind, con la realtà Nirvana catapultata sotto le luci dei riflettori dei media e Cobain eletto a nuovo profeta dei teenager disperati del globo.
Il seguito però, nelle intenzioni della band, doveva essere anticommerciale, riportare i Nirvana ad una realtà underground meno artificiosa, il tutto a partire dal titolo, quell' "I Hate Myself and I Want to Die" tanto provocatorio quanto profetico che fece rizzare i capelli ai dirigenti della loro label discografica, timorosi della reazione che una frase cosi avrebbe potuto suscitare.
Come produttore viene scelto Steve Albini, guru di culto della scena indie americana, che ha il compito di riportare i Nirvana ad un suono più grezzo ed abrasivo, più punk, visto che Nevermind era riuscito a far breccia anche nelle orecchie delicate del mainstream targato MTV.
Con questo lungo preambolo andiamo ad analizzare quello che, a mio parere è davvero un grande album, che paga il peso di un eredità scomoda data dal suo platinato predecessore.
L'iniziale Serve the Servants ha come biglietto da visita la strofa iniziale
"Teenage Angst has paid off well/Now I'm boring old"
ovvero la risposta sarcastica a tutto il battage mediatico che ha investito Cobain e soci in quegli anni, la risposta rabbiosa di una band che è diventata ricca e famosa sfruttando, suo malgrado, rabbia, frustrazione e demoni interiori facendosi così portavoce di una generazione.
La successiva Scentless Apprentice è una spettacolare punk song, con un incredibile muro di chitarre che dichiara guerra alle facili melodie per il grande pubblico.
Una song come questa, insieme a Very Ape o Milk It, sono un sincero ritorno alle sonorità abrasive di Bleach, quel debutto che provocò un vero e proprio terremoto nel mondo alternative degli Anni Novanta.
Il primo singolo estratto fu HeartShaped Box, controversa canzone d'amore che Cobain scrisse per sua moglie Courtney Love e che la casa discografica volle "addomesticare" per lanciare il disco sul mercato.

She eyes me like a pisces when I am weak I've been locked inside your Heart-Shaped box for a week I was drawn into your magnet tar pit trap I wish I could eat your cancer when you turn back 
In Utero è interamente percorso dalla linea del dolore, ultimo testamento di una personalità che probabilmente aveva già intrapreso la strada del non ritorno. Dove le chitarre elettriche non graffiano ci pensano le parole a fare male, è il caso della introspettiva Dumb

my heart is broke 
But I have some glue 
help me inhale 
And mend it with you 
We'll float around] 
And hang out on clouds 
Then we'll come down 
And I have a hangover...Have a hangover


o di Pennyroyal Tea, caratterizzata da chiaroscuri fino all'esplosione rabbiosa del suo chorus.
Sit and drink pennyroyal Tea
I'm anemic royalty
I'm on warm milk and laxatives
Cherry-flavored antacids
(il pennyroyal tea è un infuso di erbe che, se assunto in grandi dosi può portare alla morte)

La stessa Rape Me è un provocatorio atto d'accusa contro chi ha speculato sul disagio personale di Cobain, sulla sua vita privata, sul suo personaggio messo spalle al muro e dissezionato per lo show business.
Se Tourette's è un assalto al rumore bianco con All Apologies si arriva alla perfetta chiusura, la sigla finale di una carriera breve ma intensa.
Ascoltando questa canzone, a posteriori, sembra davvero una canzone da titoli di coda, quella che ti lascia a pensare cosa ti è rimasto di un film appena visto.
In questa canzone Cobain sembra chiedere scusa a tutti, cerca una sorta di redenzione prima di accomiatarsi e farsi da parte.
La grandezza di un artista del suo calibro era quella di scrivere semplici, ma grandi canzoni, un innata capacità di trovare geniali melodie anche in mezzo a suoni dissonanti e feedback carichi di distorsioni.
I wish I was like you
Easily amused
Find my nest of salt
Everything`s my fault
I'll take all the blame
I'll proceed from shame
Sunburn with freezer burn
Choking on the ashes of her enemy

In the sun
In the sun I feel as one
In the sun
In the sun
Married, Married, Married!
Buried!

Col passare degli anni, sociologi, mass media, giornalisti e fans hanno cercato di sezionare ogni singola nota ed ogni singola parola di questo album, per cercare tutti i significati nascosti del malessere che quel 5 aprile 1994 fece partire un colpo di fucile.
L'unica cosa certa è che In Utero è davvero un grande album, il diretto successore di Bleach e va a chiudere il cerchio di quell'enorme scossone che i Nirvana diedero alla scena musicale degli Anni Novanta.
Hate your enemies
Save, save your friends
Find, find your place
Spin, spin the truth


www.nirvana.com
NirvanaItalia
spotify:album:4HACR8HgOYj1HH4vCZ3MVi


domenica 15 settembre 2013

Pints & Glory The Moorings (2011 LSP Records)












Nell'ultimo lustro abbiamo assistito ad una vera e propria ondata di Irish Folk revival, una scena che, anno dopo anno ha avuto un seguito incredibile, a partire dai capostipiti Dropkick Murphys e Flogging Molly, che hanno ripreso le linee dettate da Pogues, Waterboys e Dubliners qualche decennio prima.
Quindi non mi stupisco se mi trovo di fronte a gruppi nuovi legati a queste sonorità, provenienti anche da zone geografiche abbastanza inusuali per quel che riguarda la tradizione celtico irlandese.
E' il caso di questi The Moorings, giovane band proveniente dalla regione francese dell' Alsazia, vista in azione poche settimane fa e che ha all'attivo questo esordio discografico targato 2011.
Tre pezzi inediti ed una serie di tradizionali rifatti in versione punk formano l'album in questione che parte con l'inedita Friendship, veloce e sguaiata irish-punk song sulla scia dei maestri Flogging Molly, che tra l'altro verranno omaggiati con una cover della loro What's Left of the Flag.
Away from Home è il secondo inedito, anthemico e ritmato da cantare a squarciagola al bancone o sotto il palco, mentre Working Class Heroes è una power ballad con inserti tradizionali che danno spessore e calore al pezzo.
I testi dei The Moorings seguono il filone del genere con tematiche quali l'amicizia, i pub, l'alcool ed il lavoro visto come riscatto sociale.
Another long day on board this ship working like a mad dog
for every little money of course but al least it's an honest job
the pay goes out to the wife and kids to keep them safe afloat
it's been 7 days'n' couple of weeks and i haven't heard from both
When I wil lreturn to my loved ones?
I can't tell for sure but here's what i want
Gimme Booze Gimme Booze I'm away from Home
and there's nowhere else to go
Gimme Booze Gimme Booze I'm away from home
so let the liquor flow
Il resto dell' album come detto sopra è composto da rivisitazioni di brani tipici della tradizione irlandese, alcuni arcifamosi come The Wild Rover o Finnegan's Wake, altri invece più di nicchia come The Nightingale o All for me Grog, materiale che sicuramente farà felice i puristi del genere, sempre attenti a questi piccoli dettagli.
Se siete amanti del filone Irish-Punk tenete d'occhio questa giovane band, che, soprattutto dal vivo dimostra di avere ottima presenza scenica e coinvolgimento, peculiarità fondamentali per chi si cimenta in questo genere musicale!
P.s.
è da poco uscito anche un live, Unplugged @ La Cigale, dove i nostri si cimentano in versione acustica con il loro repertorio e alcuni classici in un atmosfera intima e calda che rievoca le session di un vero pub irlandese.
www.moorings-band.com
http://open.spotify.com/album/4ko1mlr25EGedJZuUtokre







mercoledì 4 settembre 2013

Mat e Famat I Luf ( Self 2013)












A volte certi incontri sono dettati dalla pura casualità, il trovarsi al posto giusto ed al momento giusto, il riuscire a cogliere l'attimo ed avere la fortuna di assistere ad un concerto memorabile.
Così è stato per me con i Luf, lo scoprirli per puro caso ad un festival musicale un pomeriggio estivo in riva al lago e da lì iniziare a scoprire i loro dischi ed a seguire le loro date su e giù per il nord Italia.
Dopo lo spettacolare Flel, ultimo album in studio targato 2010 ed un successivo tributo a Guccini, i "lupi" sono scesi ancora dalla loro Val Camonica, sempre più affamati di musica e pronti a mostrare i denti ( in senso buono) anche se con qualche pelo ingrigito.
Il risultato? uno dei migliori album folk che siano stati prodotti negli ultimi tempi, con davvero tanta carne al fuoco, nuove storie da raccontare e quella voglia di far ballare la propria gente anche in tempi dove c'è poco da star allegri.
Ritengo Dario Canossi, voce e leader della band uno dei migliori cantastorie in circolazione, capace di far divertire, ma anche di far pensare con il suo modo diretto di interpretare le proprie canzoni sempre intrise di impegno sociale e voglia di riscoprire le proprie semplici ed umili radici.
Basti pensare al titolo stesso di questo album, Mat e Famat ovvero "matto e affamato" per chi non mastica il camuno, che tanto ricorda quello "stay hungry, stay foolish" di Steve Jobs che va a costruire un ponte ideale tra le valli bresciane e gli Stati Uniti d'America, legame rafforzato ancora di più dalla finale Le Al de Legn che non è altro che American Land di un altro nome noto a stelle e strisce, Bruce Springsteen.
In mezzo tanta Irlanda, tanto country e tanto impegno sociale come in Ballata per Vik, dedicata a Vittorio Arrigoni, volontario di Emergency ucciso lo scorso anno in Palestina.
La canzone è scritta a quattro mani insieme alla mamma di Vittorio ed è tanto bella quanto amara.
hanno fuso piombo e sangue nella sabbia hanno spento le fontane
queste guerre fatte in nome della pace sono luride puttane
cristo a piedi nudi cammina in Palestina
ma una stella con sei punte gli ha spento la mattina
Questa è solo una delle numerose collaborazioni che contraddistinguono i dischi dei Luf e, se in passato avevano partecipato al banchetto amici come Davide Van De Sfroos o i fratelli Severini (Gang), questa volta troviamo i ticinesi Vad Vuc (la fanfara di Quando la Notte Piange) o il folk rocker Daniele Ronda che fa da special guest nell'indiavolata Trebisonda.
Il dialetto camuno è sempre ben presente, come nella titletrack o nell'iniziale Oroloi, surreale descrizione di un orologio a tre lancette per non gettare ulteriormente il nostro tempo al vento e poter carpire la felicità.
Anche Barbos Barbel Barbù è caratterizzata dal dialetto e si ispira ad una storia vera, una storia di diserzione dalla guerra, altro argomento che Canossi tratta spesso nei suoi brani, ispirandosi alla memoria storica per raccontare gli orrori dei conflitti, in particolare La Seconda Guerra Mondiale, ripresa anche in brani come Lungo la Linea del Don e Giuda della Neve.
piangon le scarpe dei vecchi lungo la linea del Don
son partiti vecchi ora son bambini lungo la linea del Don
negli occhi il sangue che scorre amaro lungo la linea del Don
nel cuore gli occhi del loro amore lungo la linea del Don
A conti fatti quello che ho sempre apprezzato nei Luf è la loro semplicità nel raccontare grandi storie,nel dar speranza alla gente riempiendo le piazze e i palazzetti per farla divertire,pensare e sognare.
E questo è un pò il pensiero che emerge in Camionisti, la loro autocelebrazione, dove si definiscono appunto condottieri di un carrozzone folk che vuole distribuire canzoni e sogni.
sotto gli occhi stanchi
risate da ribelli
passati tempi buoni
arrivan quelli belli
questo è il mio mestiere
scrivere canzoni
e abbottonarle strette
ai vostri sogni
Per quel che mi riguarda questo è il miglior album dei Luf, suoni perfetti e songwriting elevato che raggiunge il perfetto connubio tra impegno e goliardia, ma soprattutto è un album che sgomita per uscire dai confini territoriali e del folk in generale. Che sia arrivato anche il loro momento per fare il grande salto...
P.S
Non scaricate questo o gli altri dischi dei Luf!! Andate ai loro concerti e recuperate gli originali, splendidi digipack curati in ogni dettaglio che faranno la gioia di chi ha sempre avuto la nostalgia del vinile.
Son piccole gioie anche queste!
www.iluf.net
www.facebook.com/BrancoDeiLuf
spotify:album:1QrLR6FPno10I7CeyHCurJ

martedì 20 agosto 2013

Scorpion Child Scorpion Child (Nuclear Blast 2013)












Avete presente i mobili dell'Ikea? moderni, giovani, al passo coi tempi,coordinati con accessori fatti e pensati per le nuove generazioni usa e getta.
Avete presente invece quei tavoloni in legno massiccio che fanno arredo da decenni in oscure taverne, testimonianza di generazioni di gomiti appoggiati col proprio boccale di birra, formati da una trave talmente grossa che potreste salire a ballarci sopra con i vostri anfibi.
Ecco, gli Scorpion Child, da Austin, Texas, sono proprio come quei tavoloni: vecchi, anzi retrò, probabilmente fuori moda, ma le loro radici sono solide ed inattaccabili, proprio come il genere che propongono: un hard rock venato di psichedelia, indissolubilmente legato agli Anni Settanta.
L'ispirazione deriva principalmente dai Led Zeppelin, tanto che il cantante, Aryn Jonathan Black, sembra un Robert Plant meno sensuale, ma senza nulla togliere per cantare un pezzo come l'opener Kings Highway servono i muscoli non i gemiti.
Per i passaggi più delicati c'è tempo per la meravigliosa Antioch, una ballada a metà tra Thank You e i Blind Melon di Shannon Hoon, dove i nostri texani fanno un intenso lavoro di fino cesellando chitarre in uno degli highlights di questo album.
Polygon of Eyes è il pezzo da tramandare ai posteri con il suo chorus epico che ricorda i Rainbow di R.J. Dio e che tormenterà la vostra mente tanto è diretto, ma soprattutto è uno degli episodi più duri di tutto l'album, insieme a Salvation Slave con dei riferimenti ai primi vagiti della NWOBHM.
Il finale affidato a Red Blood è l'ennesimo climax con i suoi  cambi di tempo, da prima soffusi, guidati da chitarre stemperate, per poi lasciarsi andare a fughe strumentali degne dei migliori Deep Purple.
A conti fatti gli Scorpion Child non inventano nulla di nuovo, ma l'ascolto di questo disco fa stare bene e invoglia a continuare a mettere il piatto sullo stereo, tanto le canzoni sono coinvolgenti e dotate di un anima propria.
A voi la scelta se seguire le sterili mode del momento o dare una chance a chi continua a pescare a piene mani dalla storia regalando sempre grandi emozioni.
Io la mia scelta l'ho fatta e continuo a ballare sui quei vecchi tavolacci di legno con i miei anfibi impoverati.
I will take
I will take what I desire
As a gift you should hold
Sound is a language of love
It's an instrument of god
www.scorpionchild.com
www.facebook.com/scorpionchild
spotify:album:56sc0owUITVnnOZu16GIYC

domenica 11 agosto 2013

About Time Pennywise (Epitaph Records 1996)












Nel revival hardcore/punk Anni Novanta, ho sempre considerato i Pennywise come uno dei gruppi di punta per tiro ed originalità, oltre che per la capacità di scrivere grandissimi pezzi e altrettanti album.
Devoti al culto dei Bad Religion, la band di Hermosa Beach arriva con About Time al terzo album che, sicuramente è da considerarsi il loro migliore, oltre che una pietra miliare del genere.
Il deflagrante timer che fa da copertina è il miglior biglietto da visita per questo disco che diventa subito un classico dei generi, lontano dai cazzeggi dei Nofx o dai multiplatini di Green Day ed Offspring.
L'arma in più dei Pennywise è proprio quella loro coerenza, sia a livello musicale, sia attitudinale( all'epoca rifiutarono contratti con major per rimanere fedeli alla Epitaph, loro attuale label) che li ha sempre visti andare avanti per la loro strada, nonostante svariati incidenti di percorso e stravolgimenti di line up.
Ad ogni modo About Time è a dir poco perfetto, tutte le dodici tracce che compongono l'album sono  coinvolgenti e filano via che è un piacere, grazie anche alla band stessa che compie davvero un notevole salto di qualità, lasciandosi alle spalle il fastidioso marchio di epigoni della "Cattiva Religione", confezionando un disco di veloce, melodico e tecnico hardcore californiano.
L'opener Peaceful Day è un ottimo biglietto da visita, ma è  difficile trovare un calo di qualità nelle tracce qui presenti, dalla scanzonata Same Old Story ( da cui venne realizzato un video a base di skaters come vuole la miglior tradizione californiana) alle più tecniche Perfect People, Waste of Time o Every Single Day.
A livello di testi abbiamo un notevole passo avanti, con liriche più ricercate ( il paroliere Greg Graffin-sempre la Cattiva Religione- è l'esempio) e dirette a scavare all'interno delle personalità per contrastare il disagio generazionale che contraddistingue l'irrequieta scena hardcore.
Can't run can't hideNo one here gets out aliveIt don't get better that's the best you're gonna getThe deal is in now place your betsCan't eat can't sleepKnowing that nothing's gonna satisfy meAnother blip on a television screenAmong an ocean of starsTonight I will rage against the forces of fateYou best get outta my wayI'm not gonna fade away slowlyInside my mind is a clock tick-tocking timeNot gonna stop until my last days doneYou wanna try me well come get someTempt fate can't waitI gotta get out there's no time to hesitateNot gonna waste it with the cynical foolsCan't bring me downAnd if you wanna try this dispositionSacrifice all you knewSanitize your religionTake your life and renew and do what you wanna do
( da Searching)
A conti fatti il terzo full lenght della band è da considerarsi il climax assoluto della loro produzione, che comunque è continuata tra mille sfighe nelle successive decadi, regalando comunque ottima musica.
Al momento la band è ancora on the road e festeggia il venticinquesimo anno di attività proprio quest'anno con un esteso tour che toccherà l'Italia il prossimo 15 Agosto a Brescia.
Io sono convinto che faranno ancora pogare e saltare i loro fans
!www.pennywisdom.com (Sito Ufficiale)
www.facebook.com/pennywise
spotify:album:4HhyA4Lme7jHYRNth7ATB1