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domenica 14 febbraio 2016

Mommy's Little Monster Social Distorsion ( 13th Floor Records 1983/ reissued Triple X Records 1989/Time Bomb Records 1995)













Primi Anni Ottanta, Orange County, Los Angeles, migliaia di ragazzini invadono le strade carichi di rabbia e disagio che fanno sfociare nel nichilismo più assoluto e nell'indole "natural born losers" tipica del punk rock, fenomeno musicale ed etico che da qualche anno sta sconvolgendo Europa e Stati Uniti. Tra le centinaia di bands che si formano e si sciolgono nei garage della California, ecco fare capolino i Social Distorsion, nome originale quanto il loro sound, grezzo e teso tanto quanto melodico e romantico. Una mosca bianca in quei giorni lontani, dove se il trend era essere veloci ed incazzati come i Black Flag, il loro giovane leader Mike Ness guarda ancora ai Clash, Johnny Thunders e alla decadenza rock and roll dei Rolling Stones.
Dopo qualche singolo e i concerti di rodaggio ecco il primo album: Mommy's Little Monsters, ovvero l'inizio del culto e della leggenda dei Social Distorsion.
I suoni sono ancora grezzi e la voce di Ness acerba, ma quello stile che li ha resi unici per oltre trent'anni è già ben delineato,con quelle linee melodiche sempre azzeccate, ma la tensione nervosa delle chitarre che non abbassa  la guardia. Cosi come i testi e l'attitudine stradaiola, sincera e mai forzata, tipica di chi ha sempre dovuto fare i conti con il disagio e la vita più dura, ma non ha mai smesso di sognare e sperare in qualcosa di buono.
Il primo album contiene già dei classici come la title track o Another State of Mind, canzoni che ogni rocker che si rispetti conosce a memoria e che sono oramai insostituibili nelle scalette dei concerti dei Social D. I testi non lasciano spazio alle interpretazioni e sono diretti e crudi,
Mommy's little monster dropped out of school,
Mommy's little monster broke all the rules.
He loves to go out drinking with the boys,
He loves to go out and make some noise.
He doesn't wanna be a doctor or a lawyer get fat rich.
He's 20 years old he quit his job,
Unemployment pays his rent!

Con Telling Them, altro highlights del disco Ness sputa tutta la sua rabbia contro le regole della società, imposte da genitori, scuola o legge. Un pezzo che lui stesso ha sempre definito "antiestablishment song" e leggendo tra le righe non gli si può certo dare torto.
Well I love the sound when I smash the glass,
If I get caught they're gonna kick my ass.
My mommy's worried about the way I drink,
My daddy can't figure out the way I think.
They wake me up, tell me, "to get to work,"
I slam the door, say, "shut up you jerk."
I can't wait 'til the show tonight,
When I'm with my friends every things alright..

Il lato hardcore dell'album è rappresentato da pezzi come The Creeps, Hour of Darkness ( che tratta della dipendenza dall' eroina, piaga che ha accompagnato i SD per molti  anni) o Anti Fashion, schegge che corrono via veloci ed intendono male come vetri rotti,
Con il passare degli anni Mike Ness aguzzerà il songwriting e darà più importanza al suo lato romantico, da meraviglioso perdente, ma in Mommy's Little Monster non abbassa il tiro e forse questo è il motivo per cui i die hard fans della band lo considerano il capitolo migliore della discografia. Sicuramente è il disco più diretto e graffiante, una bomba gettata nelle strade che al momento giusto è esplosa e ha portato i Social Distorsion tra le cult band del punk californiano resistendo negli anni nonostante dipendenze, morti drammatiche e l'oblio della prigione.
Social Distorsion Official Site
Facebook
Social Distorsion Italia
Spotify 

domenica 24 gennaio 2016

Shock Troops Cock Sparrer ( Razor Records 1982/ reissue on vinyl Taang Records 2001/Captain Oi Records 2013)













La storia ci insegna che ci sono dischi che sono immortali, superano il peso dei decenni grazie a canzoni famose che tracciano un solco talmente profondo che sarà impossibile cancellare. E poi ci sono dischi altrettanto belli, che per svariati motivi non hanno mai raccolto il consenso dovuto e sono rimasti nella nicchia, adorati da pochi fedeli e che, forse, il tempo riabiliterà tributando loro il giusto successo.
Shock Troops è il primo album degli inglesi Cock Sparrer, band attiva da anni, ma che fa uscire il proprio debut nel 1982, anni dopo l'ondata punk che travolse il Regno Unito nel 1977.
I cinque provengono dalla periferia di Londra e si son fatti le ossa nel circuito dei pub rock nella prima metà degli Anni Settanta, ma sono reietti ed orgogliosamente working class e ben presto perdono il treno delle major che si vogliono accapparare i successori di Clash e Sex Pistols.
Fino a quel momento hanno un paio di singoli sul mercato, ma per il loro debutto ci sarà da aspettare, perchè il botto vero e proprio deve ancora venire: Shock Troops è uno di quei dischi che ti si stampano in testa fin dal primo ascolto, fresco, energico con melodie irresistibili figlie del punk, ma anche della lezione del glam rock inglese del decennio precedente.
Almeno 8-9 pezzi sono potenziali singoli e nel corso degli anni sono destinate a diventare insostituibili nelle scalette dei loro concerti.
Le tematiche affrontate sono basilari: l'attaccamento al sottoproletariato inglese, i pub, le terraces ( estremi tifosi del West Ham United),i pub e la birra ed in generale un attitudine stradaiola che li porterà come capostipiti del nascente movimento street punk/Oi.
L'iniziale Where Are They Now è il malinconico manifesto sulla scena punk rock, dissoltasi in pochi anni,
I believed in julie when she said how easy it could be
And I believed in Tommy and his written words of anarchy
And I believed in Joe when he said we had to fight
And I believed in Jimmy when he told us to unite
Where are they now
Where are they now
Where are they, six years on and they've all gone
Now it's all turned sour
Where are they now

Tutta quella scena sembra scomparsa ed inglobata da contratti discografici, dati di vendita e posers senza scrupoli. Per come la vedono cinque proletari inglesi dovrebbero essere tutti quanti messi al muro e fucilati
We worked our way up from east end pubs
To gigs and back stage passes
Ex-boxing champs, West end clubs
Americans in dark glasses
Driving ten grand cars, they drink in hotel bars
They're even making money in bed
They wouldn't be no loss, they aint worth a toss
It's about time they all dropped dead.
Take 'em all, take 'em all
Put 'em up against a wall and shoot 'em
Short and tall, watch 'em fall
Come on boys take 'em all

La loro hit di maggior successo però li porterà non pochi problemi, quella England Belongs to Me che doveva essere un inno alla nazionale inglese, diventa un manifesto della Destra Nazionalista ed ai loro concerti cominciano a farsi notare parecchi skinheads e hooligans desiderosi di menare le mani. 
England belong's to me
A nation's pride the dirty water on the rivers
No one can take away our memory
Oh Oh, England belongs to me
We'll show the world that the boys are back to stay
And you all know what we can do
Heads held high, fighting all the way
For the red, white, and blue

Ad ogni modo il nome dei Cock Sparrer compare sempre di più  in compilation punk ed OI e nei decenni successivi la loro attività live sarà sempre costante nei circuiti underground, grazie anche alla pubblicità di bands come Agnostic Front e Dropkick Murphys che li hanno sempre considerati primaria fonte di ispirazione.
Fortunatamente negli ultimi anni piccole label di settore sono riuscite ad ottenere i diritti ed a ristampare questo disco, cosi da renderlo più facilemente reperibile e restituirgli il valore che merita.
Per quel che mi riguarda Shock Troops dovrebbe stare nella collezione di ogni appassionato di punk rock al fianco di un Nevermind the Bollocks, di un Give'em Enough Rope o uno qualsiasi dei primi quattro Ramones. Immortale!!!

Cock Sparrer Facebook
Pirate Press Records
Captain Oi
Shock Troops Spotify



domenica 3 maggio 2015

Sick Tales Sick Boys Revue (AreaPirata Records 2015)













Primo full lenght per i Sick Boys Revue, band toscana conosciuta in precedenza semplicemente come Sick Boys, di cui avevo parlato in occasione del loro promo autoprodotto risalente a tre anni fa.
La loro proposta musicale ha destato l'attenzione di AreaPirata Records, label italiana specializzata in rock and roll/garage e, grazie anche alla sapiente e furbesca mano di Lester Greenowski alla consolle, ecco tra le mani il loro debut officiale che si snoda in undici tracce di onesto e ruspante punk 'n'roll.
Rispetto al demo ( di cui sono sopravvissute due tracce: Lovin'me e Contradictions of my Town) la proposta musicale dei SBR ha maggior coesione e tiro, così come l'attitudine stradaiola è stata accentuata, senza però snaturare il loro sound, debitore al 100%  di Mike Ness e dei suoi Social Distorsion ( anche la cover che li vede in versione "gangsta" anni Trenta è un palese tributo), ma che riesce a reggersi sulle proprie gambe grazie alla vitalità e ad alcune melodie davvero imprescindibili.
Ecco quindi l'iniziale Sick Boys Play Rock and Roll, dichiarazione di guerra che mi ha fatto sobbalzare e suonare la mia "air guitar" alla soglia dei quarant'anni, oppure la melodica By My Side, uno degli highlight assoluti di questo album, assolutamente "Nessiana" nel cuore e nello spirito.
Cercate la ballatona dal mood nostalgico del loser impenitente? Ecco servita Becomin' Myself con tanto di armonica ad impreziosire il tutto.
Ad ogni modo non c'è solo Social Distorsion qui dentro, ma anche tanto punk '77, potente e squadrato come nei primi due dischi dei Clash ed allora è d'obbligo ascoltare People Call Me Sick e Panem et Circenses, mentre in People Can't Change scopro un'inedita sfaccetatura dei Sick Boys Revue, ovvero quella di "simpatizzanti per il diavolo" con tanto di coretti e melodie alla Jagger/Richards.
Una proposta onesta e sincera per una band che non ha mai nascosto le proprie origini ed anzi, le continua a sbandierare con orgoglio, perchè il rock and roll non è moda , ma una passione che ti nasce dentro e te la porti fino alla tomba. Ben vengano band come i SBR che hannovoglia di sbattersi ancora e macinare riff e chilometri per la giusta causa!
Continuate così ragazzi e che la benedizione di Mike Ness discenda su di voi e vi protegga sempre!Amen!
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SBR Bandcamp

domenica 5 aprile 2015

Social Distorsion Social Distorsion ( Epic Records 1990)













Tra le numerose bands che hanno caratterizzato la scena punk californiana degli Anni Ottanta, i Social Distorsion sono stati i più atipici, lontani dall'immediata violenza hardcore e più legati ad un sound più inglese e settantasettiano (Clash su tutti) ed al vecchio rock and roll dei Fifties.
Purtroppo  varie vicissitudini legate a line up poco stabili e ad una tossicodipendenza  sempre più acuta del leader Mike Ness ha minato non poco la prima parte della loro carriera, ma con l'arrivo degli Anni Novanta e con la conseguente caccia delle major per accappararsi la "next big thing" di turno, anche loro riescono ad avere un contratto con la Epic Records che darà alle stampe questo omonimo album.
Le vendite e la popolarità della band subiscono una forte impennata, complici pezzi molto radiofonici ed una maggiore accuratezza dei suoni che servono a limare le spigolosità degli esordi ed anche il songwriting di Mike Ness che diviene più maturo, soprattutto nelle canzoni trainanti, come l'autobiografica Story of My Life e Ball and Chain. 
Questi due pezzi, ormai imprescindibili nella setlist della band, sono un nuovo punto di partenza della band, una decisa sterzata verso territori country e rock and roll, per  i quali verrà coniato un termine, il "cowpunk" che verrà utilizzato per questo suono ibrido ma estremamente diretto ed affascinante.
In Story of My Life  Mike Ness sviscera la  prima parte della sua vita, tra disagio, rabbia adolescenziale ed una nostalgia di fondo che sarà il trademark delle sue composizioni

Good times come and good times go,
I only wish the good times would last a little longer.
I think about the good times we had
And why they had to end
So I sit at the edge of my bed
I strum my guitar and I sing an outlaw love song.
Thinkin' 'bout what you're doin' now
And when you're comin' back.

Invece Ball and Chain ha il forte sapore della riflessione,il pentimento per gli errori fatti in passato, le droghe, gli amori finiti ed il carcere. La sua è una ricerca di redenzione che lo farà diventare il meraviglioso antieroe e perdente che conosciamo ora.
Well I'll pass the bar on the way
To my dingy hotel room
I spent all my money
I've been drinkin' since half past noon
Well I'll wake there in the mornin'
Or maybe in the county jail
Times are hard getting harder
I'm born to lose and destined to fail
Un punto di riferimento è senza dubbio Johnny Cash, tante sono le similitudini tra loro e se nei dischi precedenti veniva spesso citato, ora viene anche coverizzato un suo pezzo, forse il più famoso, quella Ring of Fire che verrà avvolta da scariche elettriche ed urgenza punk rock!
Ma il resto del disco non può passare sottotono, anzi le iniziali So far Away e Let it Be Me, seppur con arrangiamenti decisamente migliori, hanno il mood dell'esordio Mommy's Little Monster: un sound inconfondibile che parte dai Clash e dalla rivoluzione del 1977.
Sick Boys è un inno alla strafottenza ed alla ribellione e guardando la foto sul retro del disco, mai titolo fu più azzeccato: quattro teppisti rockabilly che sfoggiano sguardi da duro e ostentano sicurezza.
L'immagine e il sound rockabilly fanno capolino in She's a Knockout, mentre il pezzo finale Drug Train è un torrido blues-punk, un ideale incontro tra gli Stones ed i Gun Club.
Per molti fans della prima ora questa decisa sterzata fu vista come un tradimento fatto e finito, per molti altri questo è il capolavoro assoluto della band( tanto che quest'anno verrà celebrato un tour commemorativo per i 25 anni dalla sua release). Per quel che mi riguarda questo disco è il punto d'inizio di una nuova fase della carriera dei Social Distorsion, uno snodo importante che lascia alle spalle un suono ancora acerbo e pone davanti una band che sta trovando la sua strada creandosi un sound nuovo, maturo che va ad affondare le sue radici nelle profondità del country e del rock and roll, elevando Mike Ness ad un songwriting sempre più profondo, personale ed affascinante. 


sabato 17 gennaio 2015

...Honor is All We Know Rancid (Hellcat Records 2014)













Beh diciamo che questo 2014 che si è appena concluso non è stata una grande annata per il punk rock, visto che tra le centinaia di uscite che hanno contraddistinto il settore, ben poche hanno fatto la differenza. Chi ha , diciamo, monopolizzato l'attenzione però sono stati i Rancid, con l'annuncio della release di un loro album, nove anni dopo Let the Dominoes Fall, ultima fatica discografica della band di Berkeley.
In questo lasso di tempo i componenti dei Rancid non è che siano spariti dalla circolazione, preferendo concentrarsi sui propri progetti paralleli, tipo Lars Frederiksen con i suoi Old Firm Casuals, Tim Armstrong con i suoi side projects alla ricerca delle sonorità roots reggae e ska (e anche una rehab da alcol nel mezzo) e Matt Freeman con il rockabilly dei Devil's Brigade.
Riunite le forze ancora una volta ecco spuntare fuori questo Honour Is All We Know, mezz'ora di punk rock sparato in faccia come un treno in corsa che non lascia nemmeno il tempo per fiatare.
Ecco quindi rincorersi le sonorità settantasettiane con scariche di punk/hardcore ben amalgamate nello stile dei Rancid, che nonostante gli anni passino per tutti, non perdono un'oncia di cattiveria, aggressività e attitudine.
Si parte con Back Where I Belong, giusto per legittimare la leadership nel gotha punk rock per poi passare al primo anthem del disco. Raise you Fist, inno punk Oi che  trasuda birra e Sham 69.
La voce roca di Tim Armstrong si alterna al ruggito di Lars Frederiksen e, grazie alla supervisione di Mr. Brett Gurewitz, i suoni sono potenti e precisi soprattutto le linee di basso di Matt Freeman, che in pezzi come la title track, disegna linee impazzite e veloci, confermandosi cosi uno dei migliori bassisti in circolazione.
Una cosa che ho sempre apprezzato dei Rancid è la loro capacità di scrivere grandi testi che raccontano semplici storie di vita e di strada, diapositive urbane ricche di personaggi che popolano le città e le provincie americane.
E' il caso di In The Streets, Face Up o Diabolical, affreschi metropolitani che in poche e semplici linee, hanno la forza di raccontare storie di violenza, degrado, ma anche solidarietà e speranza.
La speranza e la rabbia sono i pilastri su cui è costruita la title track, forse il pezzo migliore del disco, tra le sue intricate linee di basso, l'appeal melodico ma allo stesso tempo rabbioso, contraddistinto dall'alternarsi di Lars e Tim alla voce.

Don’t change a goddamn thing, hold your head up high
When the hard times come, we have the strength to defy
Believe in yourself, let the arrow leave the bow
Honor is among us, honor is all we know


The night has come and we no longer see
Better days around the corner, for you and me
Receive the horizon dawn’s golden glow
Honor is among us, honor is all we know



It takes courage to make it in this land
So don’t forget, but forgive every man
And prosperity’s river it will forever flow
Honor is among us, honor is all we know
Il retaggio ska è ancora presente e anche se non c'è la bomba commerciale alla Time Bomb per intenderci, Evil Is My Friend  ed  Everybody's Suffering non sono da considerarsi hit minori, ma hanno il ritmo ed il tiro giusto per coinvolgere sia in sede live che nelle dancehall, soprattutto la seconda che suona come un vero e proprio tributo agli Specials.
In sostanza Honour Is All We Know è un ottimo ritorno per i Rancid, volutamente breve di minutaggio per non essere riempito di filler e abbassare l'adrenalina. E' un disco che va diritto là dove deve colpire, suonato da musicisti che ormai cavalcano l'onda da vent'anni e non vogliono fare un passo indietro mantenendo sempre alta la bandiera del punk rock.
Sicuramente non sarà un capolavoro epocale come And Out Come The Wolves ma si lascia ascoltare che è un piacere e sarà difficile farlo scivolar fuori dal vostro stereo per fargli prendere polvere su qualche scaffale.
Bentornati!!!!
www.rancidrancid.com
www.facebook.com/rancid
Rancid – ...Honor Is All We Know (Spotify)



domenica 21 dicembre 2014

Will Be Christmas Mosche Di Velluto Grigio (autoprodotto 2014)













Natale si sa, ha sempre esercitato un fascino particolare con la sua tradizione e le sue atmosfere magiche. Anche le più scafate rockstar hanno sempre ceduto alla tentazione di riproporre qualche cover natalizia oppure regalare ai fans qualche inedito giusto per celebrare questa festa. La lista è lunghissima, si parte dai Twisted Sister fino ai Ramones, per non dimenticare Bad Religion e Pogues, questi ultimi poi raggiungono ogni hanno le toplist con la loro dissacrante Fairytale of New York.
Non vogliono essere da meno le Mosche di Velluto Grigio,band della Bassa Padana, di cui ho avuto modo di recensire mesi fa il loro ultimo album In te Ho Sognato.. , regalando ai propri fans questa strenna natalizia, disponibile proprio dal 23 dicembre sulle principali piattaforme digitali.
Will be Christmas vuole essere un tributo alla tradizione natalizia, ma anche un bel pezzo punk folk, nello stile delle Mosche, anche se rispetto alle recenti produzioni, la componente rock and roll è più marcata, lasciando comunque un bel tappeto di sottofondo alle cornamuse. L'inizio parte lento e soffuso, con la roca voce del Cagno che ha il compito di scaldare i motori, prima di partire a testa bassa come i migliori Dropkick Murphys o Bad Religion.
Inutile spendere troppe parole, Will be Christmas va ascoltato, assimilato e suonato, magari proprio la notte della Vigilia, dove tra un brindisi e l'altro ( Guinness o Whisky please!!) potrà scappare anche una pogata sotto l'albero prima di scartare i regali!
Buon Natale Mosche!!!
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domenica 3 agosto 2014

Generator Bad Religion ( Epitaph Records 1992)












Gli Anni Novanta iniziano con una svolta epocale per i Bad Religion, ormai affermatisi come leader del movimento punk/hardcore californiano, grazie al filotto dei tre album precedenti che li ha fatti assurgere a ruolo di cult band.
Con Generator si assiste ad una svolta radicale nel songwriting della coppia Graffin-Gurewitz, rispettivamente voce e chitarra, che si dimostra sempre più proficua ed affiatata, tanto da scrivere alcuni tra i migliori pezzi di sempre.
Se il modus operandi della band, in precedenza, era quello di comporre brevi ma intense canzoni unendo l'immediatezza del punk/hardcore con la vena pop dei Ramones, ora viene affinata la tecnica, che porta a brani più complessi ed articolati, con assoli e cambi di tempo e cori e controcori sempre più presenti per rafforzare la componente melodica, sempre da considerarsi però in un ottica punk. Un discorso a parte meritano anche i testi, sempre un punto di forza della band, mai banali e scontati, ma che da questo album si rivelano ancora più profondi e lontani dai facili slogan di molte band dell'epoca, grazie anche alla forte impronta intellettuale di Greg Graffin, che proprio in quegli anni inizierà la sua carriera parallela come professore alla UCLA University di Los Angeles.
Si parte con la title track, forse il miglior pezzo mai scritto dai Bad Religion, veloce, diretta, in un continuo crescendo che raggiunge il suo climax nel chorus, che si stampa in testa fin dal primo ascolto.
Il testo è una sottile metafora sull'eterno conflitto che attanaglia l'uomo, diviso tra la razionalità della scienza e il dubbio che ci sia qualcuno o qualcosa al di sopra delle parti che muove il tutto...davvero argomenti lontani dal "I Don't Care" sempre ostentato dalle schiere punk di quegli anni.

Like a rock,Like a planet,Like a fucking atom bomb,I'll remain unperturbed by the joy and the madnessThat I encounter everywhere I turnI've seen it all beforeIn book and magazinesLike a twitch before dyingLike a pornographic seaThere's a flower behind the windowThere's an ugly laughing manLike a hummingbird in silenceLike the blood on the doorIt's the generatorOh yeah, oh yeah, like the blood on my doorWash me clean and I will runUntil I reach the shoreI've known it all alongLike the bone under my skinLike actors in a photographLike paper in the windThere's a hammer by the windowThere's a knife on the floorLike turbines in darknessLike the blood on my doorIt's the generator

Non dimentichiamo che l'anno prima gli USA entrarono in conflitto con l'Iraq nella prima Guerra del Golfo e di conseguenza molti musicisti si schierarono apertamente contro la politica di Bush Sr. Anche i Bad Religion non si tirano indietro ed in pezzi come Heaven is Falling o Two Babies in the Dark affrontano l'argomento bellico. Se la prima attacca Bush senza mezzi termini
As I walk beneath the valley
I shall fear no evil
For thanks to King George and his rainbow cabinet
Today murder is legal
God I know that it's wrong
To kill my brother for what he hasn't done

la seconda è una toccante storia di una giovane madre che cerca di rassicurare la sua prole spaventata dall assenza del padre impegnato nel conflitto a migliaia di chilometri da casa.
So don't be scared tonight
Because Raggedy ann is in the closet picking posies
Two babies in the dark
Like diamonds in the sand

While pap's far away making children's stories
The little one's inside
So afraid to be alone
She's trying to brave until the daddy comes home

Il primo singolo estratto(e dal quale fu girato un video) fu Atomic Garden, altra missiva antimilitarista che si scaglia in particolare contro i due poli artefici della Guerra Fredda, Usa e Urss, vero spauracchio per le giovani generazioni di quegli anni.
Il resto dell'album non è da meno e ci troviamo dinnanzi a pezzi destinati a diventare dei classici nei setlist della band, come No Direction (un invettiva contro i teenager schiavi di moda e falsi miti dettati dalla TV e dalla nascente emittente di MTV) o The Answer, a mio avviso il miglior pezzo del disco, secondo solo alla titletrack.
Una song molto lontana dai canoni punk, più legata al rock tradizionale, ma non per questo meno carica di significati e passione: Graffin supera se stesso in fase di songwriting, elaborando le sue teorie agnostiche nell' eterno conflitto tra scienza e religione, nella ricerca personale ed intima dell'esistenza di una risposta ai mille quesiti che da sempre attanagliano l'esistenza umana.

Long ago in a dusty villageFull of hunger, pain and strifeA man came forth with a vision of truthAnd the way to a better lifeHe was convinced he had the answerAnd he compelled people to follow alongBut the hunger never vanishedAnd the man was banished
And the village dried up and diedAt a time when wise men peeredThrough glass tubes toward the skyThe heavens changed in predictable waysAnd one man was able to find
That he had thought he found the answerAnd he was quick to write his revelationBut as they were scrutinized
In his colleagues eyesHe soon became a mockeryDon't tell me the answerI've got ideas tooBut if you've got enough naiveteAnd you've got convictionThen the answer is perfect for you
An urban sprawl sits choking on its dischargeOverwhelmed by industrySearching for a modern day savior from another placeInclined toward charityEveryone's begging for an answerWithout regard to validityThe searching never endsIt goes on and on for eternity

Con Generator i Bad Religion faranno il salto di qualità, nonostante molti fan della prima ora storceranno il naso per l'eccessiva commercializzazione della loro musica(firmeranno l'anno successivo per la Sony), accusandoli di aver snaturato il loro sound veloce ed immediato. A mio avviso questo è stato il primo passo verso una evoluzione che li ha portati ad essere i portabandiera del movimento punk rock che nella seconda meta degli Anni Novanta ha invaso classifiche e soprattutto ha cambiato la vita a migliaia di teenager di tutto il mondo insieme a Green Day, Offspring , NOFXe Rancid.



sabato 10 maggio 2014

Anthological Disease Temporal Sluts (Hate Records 2013)













Se apro il mio cassetto dei ricordi e faccio un salto all'indietro di circa vent'anni fa, non posso fare a meno di riesumare una serata estiva in quel di Cantù, dove nel parchetto comunale nel centro cittadino, si tenne un concerto-evento come pochi: The Humpers, punk rock band americana, all'epoca fresca di contratto Epitaph, in una tappa del loro mini tour italiano. Ricordo l'attesa e l'euforia per un simile evento, mosca bianca nelle tediose sere brianzole, ma anche sinceri apprezzamenti per il gruppo che suonò prima di loro, i Temporal Sluts, eccezionale act made in Como, che all'epoca iniziava a raccogliere molti consensi soprattutto all'estero.
Dopo quasi vent'anni, costellati da cambi di line up, sfighe, tour e una miriade di singoli,sette pollici e split, tutti rigorosamente licenziati da etichette indipendenti di mezzo mondo, ecco una raccolta semidefinitiva della loro svariata produzione.
Il bello dei Temporal Sluts era (anzi è ancor oggi) quella enorme e dirompente carica che ha sempre contraddistinto il loro punk 'n' roll perennemente in bilico tra il punk 77 e la decadenza di Stooges, Dead Boys e Johnny Thunders. Il loro sound è abrasivo e veloce e la loro mentalità ha sempre guardato oltre i territori italici, tanto che la loro ventennale carriera li ha portati ad esibirsi in Europa e negli States in compagnia di nomi celebri della storia punk mondiale.
Riascoltando i pezzi di questo cd, mi son ritornati in mente i bei tempi dove ordinavo i loro singoli da qualche fanzine o liste di distribuzione "do it yourself", quelle belle scritte fitte fitte con centinaia di nomi e titoli, per poi far girare sul piatto del giradischi schegge di rock and roll come Mafia Boys, Kill me Again o Sex Pope, estratto dallo split proprio con quegli Humpers citati poco fa.
Se vi va di andare a lezione di storia, recuperate questa raccolta, testimonianza di una band che avrebbe dovuto raccogliere molto più di quanto abbia mai seminato, ma che ha lasciato comunque un grande segno nella scena punk rock italiana e più nello specifico, comasca!
Love is a Dog from Hell!!!!!!!!!!!
https://www.facebook.com/TEMPORALSLUTS
http://www.reverbnation.com/temporalsluts


martedì 22 aprile 2014

Let's Do It Again Giuda (Fungo Records 2013)












Devo dire che ho sempre provato un senso di nostalgia e di invidia verso la Londra Anni Settanta con quel immaginario fatto di tamarissimi lustrini glam, canzoni da jukebox da cantare a squarciagola al pub dopo svariate pinte trascinati dai loro "stomping rhythm", senza dimenticare le terraces degli stadi inglesi, con la folla che ondeggiava e cantava senza sosta, magari infagottata con enormi sciarponi a righe e gli immancabili "boots" ai piedi, i giocatori in maglia stretta con basettoni enormi e capigliature lungocrinite, cosi lontani dai divi "plastificati" dei giorni nostri.
Tutto questo preambolo per presentare i Giuda, band romana, che con questo secondo album ci riprova a riportare la macchina del tempo indietro di quasi quarant'anni, epoca dove dominavano Gary Glitter, Marc Bolan, il pub rock con Sweet e  Slade con le loro hit da classifica per far ballare e saltare generazioni intere di teenagers.
Let's Do It Again è il secondo album, un lavoro che sta riscuotendo grandi successi non solo in Italia, ma anche in Europa, perchè la proposta dei Giuda è dannatamente valida, fatta da musicisti che credono fino in fondo in quello che fanno e che curano la loro proposta fin nei minimi particolari, dalla cover dell'album (imperdibile il vinile!), fino alla registrazione, rigorosamente in analogico con strumenti volutamente vintage Anni Settanta.
Le dieci tracce che compongono il disco sono veri e propri inni, a partire dal singolo, Wild Tiger Woman, opener dell'album, perfetto nella sua semplicità che colpisce lo stomaco e le palle dell'ascoltatore.
Con Yellow Dash si rispolverano i chitarroni "tamarri" di Marc Bolan ed i suoi T. Rex, mentre Get That Goal è fatta da cori da stadio e battimani, a sottolineare ancora una volta il connubio tra musica e calcio, altra grande caratteristica della cultura british.
Teenage Rebel è un altro anthem perfetto, irresisitibile come lo è Hold MeTight che chiede solo di essere imparata a memoria e cantata senza freni.
Le indiavolate Rave On e Get on The Line sono figlie dei primi AC/DC, quelli di High Voltage e TNT, scosse di irrefrenabile rock and roll, semplice, diretto ed immortale!!
Se mai ci dovesse essere un Diluvio Universale nel panorama rock odierno, vorrei che tra le 40 bands superstiti trovassero posto i Giuda con il loro sound volutamente retrò ma splendidamente sincero e travolgente.
Provate a mettere sul piatto questo disco o concedervi una serata sotto palco con i Giuda e vedrete che non riuscirete a stare fermi per più di due secondi per trovarvi sudati e felici dopo esservi sgolati al grido di "Come On Giuda, Get That Goal!!"
www.giuda.net
https://play.spotify.com/artist/1h4q
https://www.facebook.com/pages/Giuda/162619653788119

lunedì 7 aprile 2014

Leave it Behind The Peawees (Wild Honey Records 2011)












Sono passati davvero tanti anni da quando, per la prima volta; ascoltai la band spezzina dei Peawees: erano gli anni Novanta e giravano i loro primi sette pollici, le loro prime apparizioni alle compilation punk e nelle scalette dei concerti  italiani. I loro album erano incendiari ed oltre alle influenze "ramoniche", vi si potevano trovare tanti riferimenti al rock and roll dei tempi d'oro.
Ma è con questo Leave it Behind che i Nostri fanno finalmente il salto di qualità, che dovrà permettere loro di farsi conoscere ben oltre la cerchia degli "aficionados" dei tre accordi e via.
LIB è un disco maturo, adulto, ricco di energia e splendidamente vintage, uno sguardo al passato, al Rock and Roll degli Anni Cinquanta, ma anche al Soul ed al Rhythm and Blues dei Sixties,senza dimenticare le svisate garage/protopunk della Detroit Rock City.
In questi solchi Hervè Peroncini ed i suoi boys hanno superato se stessi, trovando finalmente il giusto sound, che da anni inseguivano, impomatando di brillantina il loro punk rock, un pò come fecero i Clash  o i Social Distorsion anni prima, inseguendo le polverose highway americane per perdersi in qualche fumosa bettola, suonando un rock and roll sudato, caldo e maschio.
Il quartetto iniziale Food for My Soul-Gonna Tell-Memories are Gone e Don't Knock at my Door hanno il potere di stendere chiunque, far muovere i piedi e battere il cuore, grazie a quelle ritmiche sincopate, alle chitarre sferraglianti e a quelle backing vocals femminili che mi riportano alla mente i Commitments di Alan Parker.
Digging the Sound è working class e trasuda la rabbia black di chi cerca il proprio riscatto.

I don't know why but i got into a fight
I gave and got and i still don't know why
My face was bleeding and i couldn't see
Then i cleaned up now thats where i am

Is that you?
Got a broken nose, so desperate
Now my world is just a mess because of you
You are my angel
yeah, you were my angel and now you are gone
Took my bleedin' face to the car
Someone asked if everything was alright
I said yes cause i had all i wanted
Cause i was diggin' the sound


cosi come lo sono le atmosfere di Good Boy Mama, ritmi soffusi per una hard ballad che parla di guai e tempi duri.
Danger è puro garage'n'roll e otterebbe la benedizione di Iggy Pop ed i suoi Stooges, mentre il finale è puro amarcord  Anni Sessanta, con Count me Out, con le sue melodie da "rebel without a cause" che potrebbero far piangere od innamorare. A voi la scelta.
Per quel che mi riguarda questo album è davvero un capolavoro, un salto di qualità impressionante per una band che non guarda più da diversi anni alla scena italiana, ma vive proiettata all'Europa ed alle vicende a stelle e strisce.
Da ascoltare e riascoltare per imparare una grande lezione di storia!!!
www.thepeawees.it
https://www.facebook.com/thepeawees
Peawees – Leave It Behind


sabato 29 marzo 2014

Deadly Kick for a Fat Fucker The Clamps(Go Down Rec 2014)












Avete presente nel film Pulp Fiction la scena in cui, John Travolta, per far riprendere Uma Thurman da un overdose le inietta una siringa di adrenalina dritta nel cuore e lei, ripresasi di colpo esclama " Che botta, cazzo!Ho detto cazzo che botta!"? Ecco queste sono le mie identiche parole appena ho messo nello stereo questo debut album dei bergamaschi The Clamps, power trio di marcio rock and roll.
Lasciate da parte intellettualismi e vibranti digressioni musicali, in questo cd trovate l'essenza di quello che dovrebbe essere la vostra musica preferita: impatto, violenza ed ignoranza. Un suono pieno e diretto che prende spunto dallo stoner più marcio( Orange Goblin), il punk rock/garage e la prima ondata di rock and roll scandinavo con la benedizione dei Motorhead su tutti!
Dodici tracce che filano via che è un piacere, dall'opener Bones (impreziosita nel finale da un Hammond!) fino alla strumentale Gazza, che potrebbe uscire dai solchi infernali di Bomber del signor Kilmister. Per non dimenticare la triade Loser-Honey-Burn, nella parte centrale dell'album, una legnata tra capo e collo a cui è impossibile rimanere impassibili.
Parafrasando il titolo del cd, questi pezzi sono davvero un "calcio mortale" negli zebedei, puro godimento rock and roll per le nostre martoriate orecchie e fidatevi che anche dal vivo i The Clamps non si fanno pregare nel mettere a ferro e fuoco il palco.
C'e sempre un buon motivo per continuare a credere nel rock and roll!!!!!
Facebook page/The Clamps
www.theclamps.net
Go Down Records



domenica 23 marzo 2014

Female Shotgun The Bitch Queens (LuxNoise Rec. 2010)












In tutta sincerità,nonostante la mia residenza a pochi chilometri dal confine elvetico,non avevo mai sentito parlare di una scena rock and roll in Svizzera, , ma poi capita di imbattersi in questi BitchQueens, rockers allo stato puro provenienti da Basilea e, scopro con immenso piacere che anche  nella confederazione del cioccolato e dell'emmenthal si può ascoltare  musica di qualità.
Questo Female Shotgun risale a qualche anno fa e ci regala una mezz'ora abbondante di punk and roll sulla scia della scena scandinava dei primi anni Duemila, ovvero Backyard Babies, Hellacopters, Turbonegro e Gluecifer. Ottime chitarre ed altrettanto valide melodie ci regalano un sound si derivativo, ma graffiante e sporco come i cessi del CBGB ed aggressivo come due gatti selvatici che si azzuffano in un sacco.
L'iniziale Crucial è a dir poco spettacolare per coinvolgimento, ma non son da meno Hooked on Gasoline, Female Shotgun e Lipstick Killer, vere"killer" song che non lasciano prigionieri e conquistano sin dal primo ascolto!
Se poi vi soffermerete ad ascoltare First Rule, capirete che il dictat "First Rule is/We're better than you", non è solo una derivazione di sudditanza ramonica, ma bensì una chiara dichiarazione di intenti per una band che fa sul serio e conquista proseliti a suon di riff e sudore!
Second Rule is...da scoprire e seguire!!!!!!!!!!!!
www.bitchqueens.com
https://www.facebook.com/B1tchQueens
LuxNoise Records
Bitch Queens – Female Shotgun


domenica 11 agosto 2013

About Time Pennywise (Epitaph Records 1996)












Nel revival hardcore/punk Anni Novanta, ho sempre considerato i Pennywise come uno dei gruppi di punta per tiro ed originalità, oltre che per la capacità di scrivere grandissimi pezzi e altrettanti album.
Devoti al culto dei Bad Religion, la band di Hermosa Beach arriva con About Time al terzo album che, sicuramente è da considerarsi il loro migliore, oltre che una pietra miliare del genere.
Il deflagrante timer che fa da copertina è il miglior biglietto da visita per questo disco che diventa subito un classico dei generi, lontano dai cazzeggi dei Nofx o dai multiplatini di Green Day ed Offspring.
L'arma in più dei Pennywise è proprio quella loro coerenza, sia a livello musicale, sia attitudinale( all'epoca rifiutarono contratti con major per rimanere fedeli alla Epitaph, loro attuale label) che li ha sempre visti andare avanti per la loro strada, nonostante svariati incidenti di percorso e stravolgimenti di line up.
Ad ogni modo About Time è a dir poco perfetto, tutte le dodici tracce che compongono l'album sono  coinvolgenti e filano via che è un piacere, grazie anche alla band stessa che compie davvero un notevole salto di qualità, lasciandosi alle spalle il fastidioso marchio di epigoni della "Cattiva Religione", confezionando un disco di veloce, melodico e tecnico hardcore californiano.
L'opener Peaceful Day è un ottimo biglietto da visita, ma è  difficile trovare un calo di qualità nelle tracce qui presenti, dalla scanzonata Same Old Story ( da cui venne realizzato un video a base di skaters come vuole la miglior tradizione californiana) alle più tecniche Perfect People, Waste of Time o Every Single Day.
A livello di testi abbiamo un notevole passo avanti, con liriche più ricercate ( il paroliere Greg Graffin-sempre la Cattiva Religione- è l'esempio) e dirette a scavare all'interno delle personalità per contrastare il disagio generazionale che contraddistingue l'irrequieta scena hardcore.
Can't run can't hideNo one here gets out aliveIt don't get better that's the best you're gonna getThe deal is in now place your betsCan't eat can't sleepKnowing that nothing's gonna satisfy meAnother blip on a television screenAmong an ocean of starsTonight I will rage against the forces of fateYou best get outta my wayI'm not gonna fade away slowlyInside my mind is a clock tick-tocking timeNot gonna stop until my last days doneYou wanna try me well come get someTempt fate can't waitI gotta get out there's no time to hesitateNot gonna waste it with the cynical foolsCan't bring me downAnd if you wanna try this dispositionSacrifice all you knewSanitize your religionTake your life and renew and do what you wanna do
( da Searching)
A conti fatti il terzo full lenght della band è da considerarsi il climax assoluto della loro produzione, che comunque è continuata tra mille sfighe nelle successive decadi, regalando comunque ottima musica.
Al momento la band è ancora on the road e festeggia il venticinquesimo anno di attività proprio quest'anno con un esteso tour che toccherà l'Italia il prossimo 15 Agosto a Brescia.
Io sono convinto che faranno ancora pogare e saltare i loro fans
!www.pennywisdom.com (Sito Ufficiale)
www.facebook.com/pennywise
spotify:album:4HhyA4Lme7jHYRNth7ATB1

 

giovedì 4 luglio 2013

Carry On Rebels Bay (Indelirium Records 2012)












Social Distorsion...Rancid...Clash...The Gaslight Anthem...ecco se vi luccicano gli occhi solo a sentir nominare queste band, date un ascolto ai Rebels Bay, band italiana di recente formazione, ma ben rodata sui palchi nostrani ed europei, che con questo EP vuole ritagliarsi la sua fetta di pubblico nella scena punk rock attuale.
La band ha come base le rive del lago di Garda, ma la sua line up ha subito qualche stravolgimento con membri che provengono da svariate parti d'Italia e da Berlino. Dopo due tour in giro per il continente, la Indelirium Records licenzia il loro primo EP, sulla scia dei veterani One Trax Mind.
Senza troppi giri di parole in questa mezz'ora di musica troviamo un ottimo condensato di punk rock, sudore,tatuaggi e la giusta attitudine da strada che traspare dalle spettacolari liriche che ci raccontano storie di cuori spezzati, amicizie sincere e di vite in salita, perennemente in cerca del giusto riscatto.
"I've got scars deep inside my heart"... ecco l'opener di questo cd e con parole cosi forti si capisce subito che i ragazzi non scherzano e seguono la scia di Mike Ness e dei suoi Social D., tra l'altro citati  in My Friend and My Family ( I'm driving my car down the boulevard while the sun is going down/empty streets in front of me and the radio is playing an old Social D.) vero manifesto del pensiero della band.
Wild Hearts and Broken Bones è il pezzo scelto per il video promozionale, irresistibile anthem punk rock, mentre la successiva Billy's Legend, a metà tra Clash e Gaslight Anthem è una storia di riscatto e di speranza di chi non smette mai di inseguire i propri sogni.
California Smile è solare come unpomeriggio d'estate passato tra tavole da surf, spiagge e la ragazza dei tuoi sogni , mentre la conclusiva Rebel Love è una malinconica ballad dal ritmo folkeggiante che fa molto busker.
In definitiva questo Carry On è un ottimo biglietto da visita per una band che si è fatta le ossa sui palchi di mezza Europa e che non deluderà di certo i fan dei Social Distorsion e del punk più stradaiolo.
www.facebook.com/Rebelsbay
Indelirium Records
spotify:album:1dI3PG6lKHxkTHnmDS0eAf

giovedì 4 aprile 2013

Dobermann (Doghouse Music 2012/Autoproduzione)













Prendete un quarto di AC/DC, un quarto di Motorhead d'annata, un quarto di Ramones ed un quarto di Sex Pistols, mescolate bene e decorate con della sana ignoranza da strada, maturata  con anni  di esperienza rock and roll sulle spalle: ecco pronti i Dobermann, power trio da Torino che si presenta con questo primo, omonimo album che non lascia prigionieri.
Debutto si, ma chi sta dietro al monicker è attivo da parecchi anni e vive e respira strada e rock, per questo il disco in questione non è uno di quei prodotti costruiti a tavolino, ma ringhia e morde con ferocia, proprio come il dobermann in copertina.
Le dieci tracce in questione ( più intro) hanno un tiro giusto e coinvolgente, complice anche la produzione, affidata ai Finnvox Studios di Helsinki, mecca del suono per i rockers dei primi Anni Duemila. Ma si sa, la tecnologia aiuta, ma se la sostanza manca può fare davvero poco: fortunatamente qui di sostanza e attitudine ce ne è davvero tanta:  punk fino al midollo e tanta tecnica al servizo di una manciata di canzoni che chiedono solo di essere scoperte e cantate.
La peculiarità della band è il cantato in italiano, scelta che può essere ostica, ma alla luce dei fatti dà ragione, visto che le tracce crescono ascolto dopo ascolto, e se quello che conta all'inizio è solo l'impatto, non vi sembrerà strano iniziare a canticchiare i ritornelli di questo album.
Tra gli highlight c'è sicuramente l'aggressiva ma melodica Rosso e la "punk rock song" Mi  Sono Trasformato in un Robot, inno all' alienazione della società odierna fedele al motto -Nasci, Consuma, Crepa-.
Davvero azzeccata la cover in italiano di Antisociale ( A Testa Bassa) che i metallari con qualche primavera in più  alle spalle la ricorderanno fatta dagli Anthrax ai tempi di State of Euphoria.
Con Tutto Ok si sbatte contro un muro di suono potentissimo per una canzone che elargisce calci in culo talmente suona piena e potente.  Da segnalare la versione in inglese, Fear of the UK, messa come bonus finale, un perfetto mix punk'n' roll.
Il finale è per il manifesto della band, Quando l'Asfalto Grida: colate di metallo fuso che si sciolgono su riff  quadrati per una vera e propria dichiarazione di intenti
Ti sembra una sfida quando l'asfalto grida
è come un gioco con i colori del fuoco
raccogli la sfida quando l'asfalto grida
randagio che fa da detonatore per la tua libertà
I Dobermann sono questi, niente di più, niente di meno: lontani dai facili intellettualismi, ma vicini alla vera vita on the road, pronti a mettere a ferro e fuoco i palchi dove vengono chiamati ad esibirsi. Cercate sul loro sito la data più vicina a voi e andate a vederli. Non ve ne pentirete!
http://www.dobermannweb.net/
https://www.facebook.com/dobermann666