domenica 6 marzo 2016

Black Sabbath Black Sabbath ( Vertigo Records 1970)













Birmingham, Inghilterra, fine anni Sessanta, nel circuito dei locali rock della zona si nota una band, gli Earth, devota al blues ed al rock and roll dell'epoca che si sta facendo strada tra le decine di musicisti locali. Hanno buona tecnica e suonano in ogni buco, ma serve qualcosa per emergere dall'anonimato e dalla miseria di una città industriale che si sta rimettendo in piedi dopo gli sfaceli della Guerra. La sfortuna si abbatte sul loro chitarrista, Anthony "Tommy" Iommi, che perde due falangi in un incidente di lavoro e deve rivoluzionare il suo modo di suonare lo strumento, portandolo a sperimentare nuove sonorità che si riveleranno un intuizione geniale per il futuro della band. Cosi come l'interesse per l'occulto, l'esoterismo e gli horror movie da parte del bassista, Terence "Geezer" Butler che darà una svolta all'immagine, ai testi ed al nome della band stessa che deciderà di chiamarsi Black Sabbath, in onore di un vecchio film di Boris Karloff. La ciliegina sulla torta viene dal cantante, John Michael Osborne, detto Ozzy, folle e dedito al consumo smodato di alcolici, ma con un carisma unico sulle assi del palcoscenico.
Con queste premesse si affaccia sul mercato nel 1970 il primo album, omonimo, con una copertina inquietante che lascia presagire i contenuti malevoli e cupi del disco: una Madonna Nera che si staglia nella brughiera inglese, un immagine offuscata che fa da preludio alla prima canzone, Black Sabbath appunto, aperta da campane a morto, lo scrosciare della pioggia e da suoni sinistri: da questo momento nulla sarà più come prima!!
Dalla titletrack ( che parla di una messa nera) a N.I.B (Nativity In Black) ci sono riferimenti continui al Diavolo ed alle sue manifestazioni, ma sono i suoni che cambiano completamente rispetto al passato complici anche le tonalità di chitarra ribassate e la voce allucinata di Ozzy Osbourne, vero sciamano in preda ad un trip lisergico.
Il passato blues è ancora forte come in The Wizard o Evil Woman, ma è l'ultimo legame che i Sabbath avranno con la loro precedente incarnazione. ormai il sasso è stato gettato nello stagno e si è creato il flusso giusto che li porterà ad incidere il secondo album, Paranoid ed entrare nella leggenda.
Sicuramente questo non è il capolavoro dei Sabbath, anzi  ci sono ancora angoli da smussare ed una personalità da costruire al cento per cento, ma è il punto di partenza di una carriera che dura da oltre quarant'anni ed ha dato vita al movimento metal ed al suo immaginario legato al soprannaturale ed all'occultismo, cosi come ai suoi sottogeneri, il doom metal su tutti, caratterizzato da suoni lenti, cupi e scarni come vuole la titletrack che apre questo disco.
Da riscoprire ed adorare!!
Black Sabbath Official Page
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domenica 21 febbraio 2016

Uncle Anesthesia Screaming Trees (Epic Records 1991)













Non è la prima volta che gli Screaming  Trees compaiono in questo Blog  , un piccolo e devoto omaggio ad una delle band tanto influenti quanto sottovalutate del panorama alternative degli Anni Novanta.
All'epoca la band di Washington era una delle tante promesse che agitavano il sottosuolo americano, una lunga gavetta che ha attraversato gli Eighties sotto la guida di Greg Ginn ( ex Black Flag) e della sua label indipendente SST, ma il salto di qualità, se cosi si può chiamare,  coincide con la firma di un contratto discografico con la Epic Records, attenta ai forti cambiamenti musicali di quei anni ed alla collaborazione con Chris Cornell, che prenderà la band sotto la sua ala protettrice e plasmerà il sound degli anni a venire, rendendolo più oscuro e crepuscolare, in linea con l'impennata grunge del momento, ma soprattutto, valorizzerà la voce calda ed intensa di Mark Lanegan più a suo agio con queste nuove sonorità cupe e malinconiche.
Uncle Anesthesia è il primo tassello della trilogia "grunge" degli Screaming Trees, anche se è davvero riduttivo affibiare loro questa etichetta per descrivere la loro musica. C'e ancora tanto garage, c'è psichedelia e un pizzico di hard rock: un suono ancora acerbo, sintomo di un evoluzione che ancora si deve compiere, ma che appare irreversibile.
Beyond The Horizon, Bed of Roses, la stessa titletrack ed Ocean of Confusion sono un fulgido esempio di chitarre graffianti,ma sempre melodiche, malinconiche e sognanti, con la calda ugola di Lanegan, allenata con anni di stravizi ed eccessi, che finalmente ha trovato il giusto suono in cui esaltarsi ed essere apprezzata in pieno.
La linearità è un altra caratteristica di questo album: non ci sono canzoni che si ergono sopra le altre, singoli  che ammazzano le classifiche ( ecco perchè divennero seconde linee al cospetto di Pearl Jam o Alice In Chains), ma è tutto il contesto che fila via bene ed ascolto dopo ascolto ognuno troverà il momento preferito su cui esaltarsi, che sia una strofa, un ritornello o semplicemente la linea melodica delle chitarre. Nello specifico ci sarebbe da citare comunque la cupezza di Alice Said, personaggio che compare anche nella visionaria copertina ed omaggiato dal Cappellaio Matto Lanegan in un caleidoscopio di ombre e scure tinteggiature che trovano il giusto sfogo in Disappearing, danza macabra con un tocco mariachi, dato dalle trombe in sottofondo.
In Time for Light invece gli Screaming Trees si ricordano che fino a poco tempo prima erano pur sempre una band del rooster di Greg Ginn e non lesinano a picchiare duro nel pezzo più incazzoso di tutto il disco.
La giusta consacrazione dovrà comunque ancora venire, tempo al tempo, ma Uncle Anesthesia rimane un ottimo disco di transizione dal garage indie della prima parte della carriera al grunge più adulto di Sweet Oblivion fino ad arrivare al crepuscolo polveroso di Dust, ottimi vestiti confezionati su misura per la voce meravigliosa di Mark Lanegan.

On a day so long ago, now no one can remember

There's a change this too will pass and vanish in the haze

This is moving too far under the skin of your sightOcean of confusion took me back to the end of the night


www.screamingtrees.net
Spotify-Uncle Anesthesia



domenica 14 febbraio 2016

Mommy's Little Monster Social Distorsion ( 13th Floor Records 1983/ reissued Triple X Records 1989/Time Bomb Records 1995)













Primi Anni Ottanta, Orange County, Los Angeles, migliaia di ragazzini invadono le strade carichi di rabbia e disagio che fanno sfociare nel nichilismo più assoluto e nell'indole "natural born losers" tipica del punk rock, fenomeno musicale ed etico che da qualche anno sta sconvolgendo Europa e Stati Uniti. Tra le centinaia di bands che si formano e si sciolgono nei garage della California, ecco fare capolino i Social Distorsion, nome originale quanto il loro sound, grezzo e teso tanto quanto melodico e romantico. Una mosca bianca in quei giorni lontani, dove se il trend era essere veloci ed incazzati come i Black Flag, il loro giovane leader Mike Ness guarda ancora ai Clash, Johnny Thunders e alla decadenza rock and roll dei Rolling Stones.
Dopo qualche singolo e i concerti di rodaggio ecco il primo album: Mommy's Little Monsters, ovvero l'inizio del culto e della leggenda dei Social Distorsion.
I suoni sono ancora grezzi e la voce di Ness acerba, ma quello stile che li ha resi unici per oltre trent'anni è già ben delineato,con quelle linee melodiche sempre azzeccate, ma la tensione nervosa delle chitarre che non abbassa  la guardia. Cosi come i testi e l'attitudine stradaiola, sincera e mai forzata, tipica di chi ha sempre dovuto fare i conti con il disagio e la vita più dura, ma non ha mai smesso di sognare e sperare in qualcosa di buono.
Il primo album contiene già dei classici come la title track o Another State of Mind, canzoni che ogni rocker che si rispetti conosce a memoria e che sono oramai insostituibili nelle scalette dei concerti dei Social D. I testi non lasciano spazio alle interpretazioni e sono diretti e crudi,
Mommy's little monster dropped out of school,
Mommy's little monster broke all the rules.
He loves to go out drinking with the boys,
He loves to go out and make some noise.
He doesn't wanna be a doctor or a lawyer get fat rich.
He's 20 years old he quit his job,
Unemployment pays his rent!

Con Telling Them, altro highlights del disco Ness sputa tutta la sua rabbia contro le regole della società, imposte da genitori, scuola o legge. Un pezzo che lui stesso ha sempre definito "antiestablishment song" e leggendo tra le righe non gli si può certo dare torto.
Well I love the sound when I smash the glass,
If I get caught they're gonna kick my ass.
My mommy's worried about the way I drink,
My daddy can't figure out the way I think.
They wake me up, tell me, "to get to work,"
I slam the door, say, "shut up you jerk."
I can't wait 'til the show tonight,
When I'm with my friends every things alright..

Il lato hardcore dell'album è rappresentato da pezzi come The Creeps, Hour of Darkness ( che tratta della dipendenza dall' eroina, piaga che ha accompagnato i SD per molti  anni) o Anti Fashion, schegge che corrono via veloci ed intendono male come vetri rotti,
Con il passare degli anni Mike Ness aguzzerà il songwriting e darà più importanza al suo lato romantico, da meraviglioso perdente, ma in Mommy's Little Monster non abbassa il tiro e forse questo è il motivo per cui i die hard fans della band lo considerano il capitolo migliore della discografia. Sicuramente è il disco più diretto e graffiante, una bomba gettata nelle strade che al momento giusto è esplosa e ha portato i Social Distorsion tra le cult band del punk californiano resistendo negli anni nonostante dipendenze, morti drammatiche e l'oblio della prigione.
Social Distorsion Official Site
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Social Distorsion Italia
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domenica 24 gennaio 2016

Shock Troops Cock Sparrer ( Razor Records 1982/ reissue on vinyl Taang Records 2001/Captain Oi Records 2013)













La storia ci insegna che ci sono dischi che sono immortali, superano il peso dei decenni grazie a canzoni famose che tracciano un solco talmente profondo che sarà impossibile cancellare. E poi ci sono dischi altrettanto belli, che per svariati motivi non hanno mai raccolto il consenso dovuto e sono rimasti nella nicchia, adorati da pochi fedeli e che, forse, il tempo riabiliterà tributando loro il giusto successo.
Shock Troops è il primo album degli inglesi Cock Sparrer, band attiva da anni, ma che fa uscire il proprio debut nel 1982, anni dopo l'ondata punk che travolse il Regno Unito nel 1977.
I cinque provengono dalla periferia di Londra e si son fatti le ossa nel circuito dei pub rock nella prima metà degli Anni Settanta, ma sono reietti ed orgogliosamente working class e ben presto perdono il treno delle major che si vogliono accapparare i successori di Clash e Sex Pistols.
Fino a quel momento hanno un paio di singoli sul mercato, ma per il loro debutto ci sarà da aspettare, perchè il botto vero e proprio deve ancora venire: Shock Troops è uno di quei dischi che ti si stampano in testa fin dal primo ascolto, fresco, energico con melodie irresistibili figlie del punk, ma anche della lezione del glam rock inglese del decennio precedente.
Almeno 8-9 pezzi sono potenziali singoli e nel corso degli anni sono destinate a diventare insostituibili nelle scalette dei loro concerti.
Le tematiche affrontate sono basilari: l'attaccamento al sottoproletariato inglese, i pub, le terraces ( estremi tifosi del West Ham United),i pub e la birra ed in generale un attitudine stradaiola che li porterà come capostipiti del nascente movimento street punk/Oi.
L'iniziale Where Are They Now è il malinconico manifesto sulla scena punk rock, dissoltasi in pochi anni,
I believed in julie when she said how easy it could be
And I believed in Tommy and his written words of anarchy
And I believed in Joe when he said we had to fight
And I believed in Jimmy when he told us to unite
Where are they now
Where are they now
Where are they, six years on and they've all gone
Now it's all turned sour
Where are they now

Tutta quella scena sembra scomparsa ed inglobata da contratti discografici, dati di vendita e posers senza scrupoli. Per come la vedono cinque proletari inglesi dovrebbero essere tutti quanti messi al muro e fucilati
We worked our way up from east end pubs
To gigs and back stage passes
Ex-boxing champs, West end clubs
Americans in dark glasses
Driving ten grand cars, they drink in hotel bars
They're even making money in bed
They wouldn't be no loss, they aint worth a toss
It's about time they all dropped dead.
Take 'em all, take 'em all
Put 'em up against a wall and shoot 'em
Short and tall, watch 'em fall
Come on boys take 'em all

La loro hit di maggior successo però li porterà non pochi problemi, quella England Belongs to Me che doveva essere un inno alla nazionale inglese, diventa un manifesto della Destra Nazionalista ed ai loro concerti cominciano a farsi notare parecchi skinheads e hooligans desiderosi di menare le mani. 
England belong's to me
A nation's pride the dirty water on the rivers
No one can take away our memory
Oh Oh, England belongs to me
We'll show the world that the boys are back to stay
And you all know what we can do
Heads held high, fighting all the way
For the red, white, and blue

Ad ogni modo il nome dei Cock Sparrer compare sempre di più  in compilation punk ed OI e nei decenni successivi la loro attività live sarà sempre costante nei circuiti underground, grazie anche alla pubblicità di bands come Agnostic Front e Dropkick Murphys che li hanno sempre considerati primaria fonte di ispirazione.
Fortunatamente negli ultimi anni piccole label di settore sono riuscite ad ottenere i diritti ed a ristampare questo disco, cosi da renderlo più facilemente reperibile e restituirgli il valore che merita.
Per quel che mi riguarda Shock Troops dovrebbe stare nella collezione di ogni appassionato di punk rock al fianco di un Nevermind the Bollocks, di un Give'em Enough Rope o uno qualsiasi dei primi quattro Ramones. Immortale!!!

Cock Sparrer Facebook
Pirate Press Records
Captain Oi
Shock Troops Spotify



domenica 17 gennaio 2016

Hawkdope Black Rainbows (HeavyPsych SoundsRecords 2016)













Molti non sanno che in Italia esiste una scena stoner ben radicata, ma relegata ad una nicchia di fans fedeli che affollano i pochi concerti di bands aihme sconosciute, ma estremamente valide. La curiosità mi ha portato mesi fa a presenziare ad un torrido concerto dei romani Black Rainbows, solida realtà  che spesso si imbarca in lunghi tour e presenzia ai maggiori festival stoner europei.
Non conoscevo nulla di questa band, ma alla fine del loro show sono corso ad accaparrarmi il vinile di Hawkdope,  ultima fatica discografica di una carriera che vede quattro album e svariati split album con altre bands della scena.
Le coordinate musicali sono la devozione ad un certo tipo di space-rock e al granitico hard rock anni Settanta: Black Sabbath, Hawkwind fino a Monster Magnet e Fu Manchu, epigoni della decade di rinascita stoner per eccellenza: gli Anni Novanta. Ma Hawkdope è molto di più, sono quaranta minuti di torrido rock and roll, fatto di polvere, groove e atmosfere sospese che poggia su riff che sembrano macigni, una sezione ritmica pulsante ed un sound saturo di fuzz e distorsione.
L'iniziale The Prophet è una mazzata tra capo e collo e come biglietto da visita non poteva esserci miglior inizio, cosi come la successiva Wolf Eyes, a metà tra i già citati Monster Magnet e i Mudhoney più acidi.
La title track è il primo episodio che da respiro al disco,un sound che poggia su arpeggi iniziali e porta la mente a vagare verso territori infiniti, spazi siderali che avrebbero fatto la gioia degli Hawkwind: otto minuti di puro godimento dove la mente è libera di espandersi e perdersi nei suoni della band romana.
Parafrasando il titolo di un pezzo presente in questo disco "Hypnotize my Soul with Rock and Roll", questo Hawkdope tiene inchiodato l'ascoltatore allo stereo, è talmente affascinante che ad ogni ascolto si percepisce qualche sfumatura nuova, senza perdere di vista il tiro ed il groove che hanno alcune canzoni (le sopracitate The Prophet e Wof Eyes come JesusJudge e Killer Killer Fuzz), cosi come il finale di Cosmic Pricker è lo zenit assoluto di questo album: quasi sette minuti di intensa composizione che parte lenta e sognante e piano piano cresce fino ad esplodere in un tripudio chitarristico di pregevole e trascinante bellezza.
In Europa hanno visto lungo ed i Black Rainbows sono una realtà ben radicata nel circuito stoner ed è un peccato che in Italia non abbiano ancora ricevuto il consenso che meritano.
Torrida Arte allo stato puro!!!
Black Rainbows Official Site
https://www.facebook.com/BLACKRAINBOWSROCK/
Hawkdope Spotify

venerdì 8 gennaio 2016

Sol Invictus Faith No More ( Reclamation Recording/Ipecac records 2015)













Sono passati ben 18 anni dall'ultima uscita discografica dei Faith No More! Avete idea di cosa sono 18 anni? Cosa ne è passata di acqua sotto i ponti in questo lasso di tempo? Provate a fare uno sforzo e ripensare cosa stavate facendo 18 anni fa, dove eravate, che musica ascoltavate? Se per noi comuni mortali è impegnativa la cosa, per il music business è paragonabile ad un era geologica, ma i Faith No More, paladini dell'alternative e della follia durante gli Anni Novanta se ne fregano e, dopo aver testato il terreno qualche anno fa con una celebrata reunion, hanno deciso di suggellare il loro idillio musicale con un ritorno alle scene discografiche.
Giusto per non smentirsi scelgono di fare tutto in casa, utilizzando l'etichetta del frontman Mike Patton e la supervisione in fase di produzione del fido bassista Billy Gould. D'altronde chi conosce i FNM sa che se ne son sempre strafregati delle logiche di mercato e hanno sempre fatto di testa loro, spiazzando fan e critici nel proporre musica a 360 gradi senza porsi limiti di alcun tipo.
Ma quindi come è questo Sol Invictus? Spiazzante, sperimentale ed assolutamente anticommerciale, in poche parole bentornati Faith No More!!!
Nel calderone di atmosfere cupe ed oscure, un pò come la cover del disco, troviamo l'hard rock ignorante di Superhero, primo singolo prescelto(ma lontano anni luce dal concetto di "singolo"),la claustrofobia ansiogena di Separation Anxiety, le aperture di Motherfucker ( e qui Patton non si smentirà mai!!) a fare da contraltare allle melodie alla "I'm Easy" di Sunny Side Up e Black Friday e quel piccolo gioiello in bilico tra rock duro, progressive e pruriti indies di Matador.
I FNM suonano per se stessi, per superare ancora una volta quelle barriere che più volte hanno infranto senza fossilizzarsi sui fasti del passato. Ognuno ci mette del suo, soprattutto Mike Patton, istrionico, imprevedibile che usa la voce come un vero e proprio strumento, districandosi tra urla, tonalità basse e cupe e melodie ben assortite da vero "leader of men" parafrasando il ritornello di Superhero.
Non è un album da easy listening, ma richiede attenzione e concentrazione, bisogna lasciarsi prendere per mano e farsi guidare in questa nuova avventura musicale della band e mai un ritorno fu più gradito:sicuramente non lo si annovererà trai capolavori della band, ma sono pronto a scommettere che, come il precedente Album of the Year, verrà capito con gli anni a venire ed usato come pietra di paragone per molte nuove bands che avranno voglia di osare.
Ecco i Faith No More versione 2015, ma adesso non fatemi più aspettare altri 18 anni altrimenti rischio di diventare una comparsa per il video di Sunny Side Up!
Faith No More Official Site
https://www.facebook.com/faithnomore/
Sol Invictus-Spotify








               



































































sabato 21 novembre 2015

The Comeback!!

Cari Lettori (ammesso e concesso che ce ne sia ancora qualcuno) di questo piccolo ed umile blog, sono passati diversi mesi dal mio ultimo post: cause di forza maggiore mi hanno fatto lasciare in disparte questo impegno che mi ero preso con me stesso già da qualche anno, un ritaglio di spazio per sfogare la mia voglia di parlare e condividere musica.
Vi informo che a breve ricominceranno post ed aggiornamenti e farò il possibile affinchè le Melodie tornino ad essere FuoriLegge!!
Stay Tuned for more Rock & Roll!!