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domenica 24 gennaio 2016

Shock Troops Cock Sparrer ( Razor Records 1982/ reissue on vinyl Taang Records 2001/Captain Oi Records 2013)













La storia ci insegna che ci sono dischi che sono immortali, superano il peso dei decenni grazie a canzoni famose che tracciano un solco talmente profondo che sarà impossibile cancellare. E poi ci sono dischi altrettanto belli, che per svariati motivi non hanno mai raccolto il consenso dovuto e sono rimasti nella nicchia, adorati da pochi fedeli e che, forse, il tempo riabiliterà tributando loro il giusto successo.
Shock Troops è il primo album degli inglesi Cock Sparrer, band attiva da anni, ma che fa uscire il proprio debut nel 1982, anni dopo l'ondata punk che travolse il Regno Unito nel 1977.
I cinque provengono dalla periferia di Londra e si son fatti le ossa nel circuito dei pub rock nella prima metà degli Anni Settanta, ma sono reietti ed orgogliosamente working class e ben presto perdono il treno delle major che si vogliono accapparare i successori di Clash e Sex Pistols.
Fino a quel momento hanno un paio di singoli sul mercato, ma per il loro debutto ci sarà da aspettare, perchè il botto vero e proprio deve ancora venire: Shock Troops è uno di quei dischi che ti si stampano in testa fin dal primo ascolto, fresco, energico con melodie irresistibili figlie del punk, ma anche della lezione del glam rock inglese del decennio precedente.
Almeno 8-9 pezzi sono potenziali singoli e nel corso degli anni sono destinate a diventare insostituibili nelle scalette dei loro concerti.
Le tematiche affrontate sono basilari: l'attaccamento al sottoproletariato inglese, i pub, le terraces ( estremi tifosi del West Ham United),i pub e la birra ed in generale un attitudine stradaiola che li porterà come capostipiti del nascente movimento street punk/Oi.
L'iniziale Where Are They Now è il malinconico manifesto sulla scena punk rock, dissoltasi in pochi anni,
I believed in julie when she said how easy it could be
And I believed in Tommy and his written words of anarchy
And I believed in Joe when he said we had to fight
And I believed in Jimmy when he told us to unite
Where are they now
Where are they now
Where are they, six years on and they've all gone
Now it's all turned sour
Where are they now

Tutta quella scena sembra scomparsa ed inglobata da contratti discografici, dati di vendita e posers senza scrupoli. Per come la vedono cinque proletari inglesi dovrebbero essere tutti quanti messi al muro e fucilati
We worked our way up from east end pubs
To gigs and back stage passes
Ex-boxing champs, West end clubs
Americans in dark glasses
Driving ten grand cars, they drink in hotel bars
They're even making money in bed
They wouldn't be no loss, they aint worth a toss
It's about time they all dropped dead.
Take 'em all, take 'em all
Put 'em up against a wall and shoot 'em
Short and tall, watch 'em fall
Come on boys take 'em all

La loro hit di maggior successo però li porterà non pochi problemi, quella England Belongs to Me che doveva essere un inno alla nazionale inglese, diventa un manifesto della Destra Nazionalista ed ai loro concerti cominciano a farsi notare parecchi skinheads e hooligans desiderosi di menare le mani. 
England belong's to me
A nation's pride the dirty water on the rivers
No one can take away our memory
Oh Oh, England belongs to me
We'll show the world that the boys are back to stay
And you all know what we can do
Heads held high, fighting all the way
For the red, white, and blue

Ad ogni modo il nome dei Cock Sparrer compare sempre di più  in compilation punk ed OI e nei decenni successivi la loro attività live sarà sempre costante nei circuiti underground, grazie anche alla pubblicità di bands come Agnostic Front e Dropkick Murphys che li hanno sempre considerati primaria fonte di ispirazione.
Fortunatamente negli ultimi anni piccole label di settore sono riuscite ad ottenere i diritti ed a ristampare questo disco, cosi da renderlo più facilemente reperibile e restituirgli il valore che merita.
Per quel che mi riguarda Shock Troops dovrebbe stare nella collezione di ogni appassionato di punk rock al fianco di un Nevermind the Bollocks, di un Give'em Enough Rope o uno qualsiasi dei primi quattro Ramones. Immortale!!!

Cock Sparrer Facebook
Pirate Press Records
Captain Oi
Shock Troops Spotify



sabato 5 luglio 2014

Temperance Movement The Temperance Movement (Earache Records 2013)












Per la serie corsi e ricorsi storici, da qualche anno a questa parte stiamo assistendo ad un ritorno a sonorità vintage, figlie degli Anni Settanta, di quell'hard rock sincero e sanguigno che ha fatto scuola e basti pensare a nomi come Rival Sons, Scorpion Child, Wolfmother o i Black Star Riders per creare un vero filone di musica per nostalgici.
Aggiungerei anche questi The Temperance Movement, band scozzese che sta alimentando le speranze dei rockers di oltremanica e non solo, tanto da essere messa sotto contratto dalla Earache Records, label storica specializzata in metal estremo, ma che negli ultimi anni sta ampliando i propri orizzonti.
Questo loro debutto, segue l'EP apripista Pride del 2010 ed è formato proprio dai cinque pezzi di quell' esordio più altri brani inediti, in bilico tra hard rock, southern e soul, magistralmente interpretati da questo nugolo di musicisti, abbastanza scafati nei meandri della musica rock ( c'è chi ha fatto il turnista per Jamiroquai ed i Deep Purple, mentre il cantante è l'ex voce dei Reef, hard rock band anni Novanta), che hanno scelto di unirsi sotto questo curioso monicker ( The Temperance Movement era un movimento proibizionista inglese dei primi del secolo scorso) e candidarsi come la prossima "next big thing".
L'opener Only Friend è massiccia nel suo guitar riffing e spazia tra il southern ed il soul e non possono non venire in mente i Black Crowes di Amorica, grazie anche alla voce calda ed intensa di Phil Campbell, ma è sulle ballad che i Nostri si giocano le carte migliori: Pride, Chinese Lanterns, Lovers and Fighters, Smouldering e Serenity sono tutti brani di atmosfera, giocati su toni soffusi dove la voce e il meraviglioso lavoro di fino delle chitarre creano atmosfere incredibili. Ogni band che si rispetti ha scritto ballad o pezzi lenti, ma per rendere un pezzo indimenticabile bisogna buttarci dentro l'anima e questi TTM di "soul " ne hanno da vendere.
Ad ogni modo non pensate che il lato soft sia la caratteristica principale di questa band, perchè quando questi ragazzi devono pestar duro e schiacciare sull'acceleratore non si tirano di certo indietro, basti pensare a Midnight Black, veloce e tirata (cosa sarebbe con una sezione fiati dietro a spingere su quel chorus!!), oppure a Take It Back con i suoi "ohoh oh oh" trascinanti (un pò come Chelsea Dagger dei Fratellis) o Be Lucky, altra gemma hard rock che farebbe impazzire i fan dei Free.
Ma l'highlight è Ain't No Telling, intensa con le carte giuste per passare alla storia, fatta apposta per chiudere un concerto e trasformare quei pochi minuti in un momento di estasi collettiva.
A differenza di tante meteore, questo disco ha almeno sei-sette brani potenziali singoli, che fanno venir voglia di ascoltarli e riascoltarli e non mi parrebbe strano se un giorno dovessero essere passati in rotazione su qualche radio rock.
Forse la prossima "next big thing" è davvero arrivata!
TTM Official Site
TTM Facebbok Page
The Temperance Movement – The Temperance Movement (Spotify)

lunedì 17 febbraio 2014

Troublegum Therapy? (A & M Records 1994)












Anno 1994..escono in pochi giorni due album destinati a far parlare di se ma ad intraprendere due strade diverse. Sto parlando di Dookie dei Green Day, che venderà milioni di copie e questo Troublegum degli irlandesi Therapy? (rigorosamente col punto di domanda!), incensato dalla critica ma destinato ad essere un piccolo capolavoro destinato a pochi.
Se i californiani propongono una serie di canzoni irresisitibili e catchy destinate ad essere canticchiate dalla MTV Generation, il trio di Belfast sceglie di picchiare duro, seppur costruendo canzoni che entrano nella testa a spallate dopo pochi ascolti.
I Therapy? sono in giro già da qualche anno ed hanno realizzato un paio di album in bilico tra metal,hardcore ed industrial, riuscendo a crearsi il loro giro di affezionati tra fans e critica. La svolta avviene con la firma per la label A & M che rilascia quello che dovrebbe essere il loro salto di qualità, ovvero Troublegum.
Ed il primo singolo Nowhere è davvero portentoso, una scarica di adrenalina punk rock con un chorus impossibile da dimenticare, un anticipazione del prossimo biennio dove lo skate punk californiano regnerà incontrastato.
Ma Nowhere non è il classico specchietto per le allodole, l'intero album contiene pezzi da heavy rotation come Screamager o Die Laughing, da cui verranno estratti altrettanti video.
Ma quindi come mai Troublegum non ha avuto il successo meritato? Molto probabilmente perchè in questo album si respira davvero il disagio ed il malessere di questi tre irlandesi, cosi lontani dalle noie adolescenziali di Green Day ed Offspring, ma capaci di mettere in musica con veemente e nero sarcasmo tutte le loro frustrazioni e problematiche personali.
L'iniziale Knives è una scheggia punk/hardcore fatta da riff di chitarra taglienti come bisturi e da urla lancinanti che si chiude con il mantra allucinato di "I Wanna Crawl Up Inside You and Die" che si ripete in maniera ossessiva.
Di Screamager ne abbiam parlato per il suo appeal commerciale, anche se il suo testo è un inno all'alienazione più pura.
Le influenze dei Therapy? vanno ricercate nel punk/hardcore più puro, quello di Husker Du o Melvins per esempio,cosi come il post punk e la new wave, complice anche la versione di Isolation dei Joy Division resa cromata da un muro di chitarre impenetrabile.
L'oscurità è sempre ben presente nel mondo dei Therapy?, anche se stemperata da alcune melodie che però vanno a completare il quadro allucinato che la band vuole realizzare. Muri di chitarre ( tra cui anche la comparsata di Page Hamilton degli Helmet, altra cult band Anni Novanta) ed una batteria secca e marziale fanno da ossatura alle songs proposte in questo Troublegum, dove vengono citati il serial killer Jeffrey Dahmer
Here comes a girl with perfect teeth
I bet she won't be smiling at me
I know how Jeffry Dahmer feels
(Lonely, lonely)


e Gesù Cristo
Reveal yourself to me like cheap pornography
Picking at my guilt with promises of hell

(Christ) sin (revealed), it's all that you know
(Christ) sin (revealed), it's all that you know
(Christ) sin (revealed), it's all that you know
(Christ) sin (revealed), it's all that you know

Glad my mirror's broken, my image is a burden
I want to lose myself in the coming of the Lord


In Femtex si esalta la masturbazione compulsiva come valvola di sfogo per non impazzire completamente, disegnando cosi un quadro cupo e disperato.
Dopo la pubblicazione di questo album, i Therapy? ebbero il loro momento di gloria, che si esaurì nel giro di un paio di album, ma nonostante ciò la band irlandese continua a pubblicare dischi e macinare tour, proponendo sempre live set infuocati e canzoni intelligenti, sempre rimananendo fedele alla loro etica underground.
Da (ri)scoprire!
Therapy? Official Site
Therapy? – Troublegum

lunedì 25 novembre 2013

Generation Terrorists Manic Street Preachers (Columbia Records 1992)












Rock n roll is our epiphany
Culture, alienation, boredom and despair

molto probabilmente queste righe possono riassumere appieno il pensiero ed il fascino di questo album, il debutto per i Manic Street Preachers, destinati a diventare una delle più longeve band di culto del rock and roll.
Ma partiamo dall'inizio, ovvero i primi Anni Novanta, quelli sconvolti dalle trasgressioni e dalle vendite milionarie dei Guns'n'Roses, ovvero la più famosa rock band del pianeta.
Ed è proprio nella vecchia Europa che si cerca la risposta ad Axl e soci ed ecco che l'Inghilterra pesca fuori questa band proveniente dalle zone più depresse del Galles, terra di minatori e rivolte sociali.
I MSP si presentano al debutto in pompa magna, grazie alle lusinghiere recensioni della stampa britannica pronta a trovare la "next big thing" da sbattere in faccia ai cugini d'oltreoceano ed il loro Generation Terrorists fa davvero ben sperare carico di energia, irruenza punk ed un immaginario di meravigliosi perdenti che costella tutto il lavoro, a partire dalla cover, semplice ma efficace (il crocifisso ed il tatuaggio con la rosa sono una provocazione ai Guns bella e buona!) fino ai titoli delle canzoni come la finale Condemned to Rock and Roll, pretenziosa ma quantomai veritiera dichiarazione d'intenti.
Ma aldilà di questa facile retorica, il debutto dei Preachers è davvero un capolavoro o perlomeno è molto vicino ad essere tale, vista la notevole caratura dei pezzi e i testi carichi di un forte messaggio sociale, scritti dal cantante James Dean Bradfield, intellettuale ed attivista con il mito del rock and roll ben radicato nel cuore.
Il raggio d'azione dei MSP parte dal punk impegnato dei Clash fino ad arrivare all'hard rock classico fatto di assoli e riff quadrati, senza dimenticare il pop intelligente e mai fine a se stesso.
L'opener Slash 'n' Burn è dinamite, una via di mezzo tra Welcome to the Jungle e White Riot, cosi come lo è l'altro singolo You Love Us, forse i pezzi più diretti dell'album, cazzotti nello stomaco che ti lasciano senza fiato.
Nonostante la grande tecnica profusa, l'elemento punk è sempre ben presente, soprattutto nel chitarrista Richey James, un novello Stiv Bators pronto a lacerarsi un braccio davanti a giornalisti che lo accusavano di essere un poseur, per poi sparire nel nulla qualche anno dopo senza lasciar traccia ( è stato dichiarato morto nel 2003 senza che nessuno abbia mai trovato il suo cadavere...).
Se i Guns hanno in Sweet Child O' Mine il loro pezzo da Novanta, i Nostri rispondono con Motorcycle Emptiness, spettacolare gioiello pop-rock intriso di atmosfere malinconiche e decadenti con un testo impregnato di alienazione e distaccamento.
Life lies a slow suicide
Orthodox dreams and symbolic myths
From feudal serf to spender
This wonderful world of purchase power
Just like lungs sucking on air
Survivals natural as sorrow, sorrow, sorrow
Under neon loneliness motorcycle emptiness

In Little Baby Nothing compare il duetto con l' ex pornostar di Hollywood Traci Lord, nella denuncia contro la mercificazione del corpo femminile, un altro capolavoro pop-rock che eccelle in questo disco.
My mind is dead, everybody loves me
Wants a slice of me
Hopelessly passive and compatible
Need to belong, oh the roads are scarey
So hold me in your arms
I wanna be your only possession
Used, used, used by men
Used, used, used by men

Ma allora viste le sperticate lodi come mai questo album non ha lanciato i MSP al top delle classifiche mondiali, regalando loro fama e successo?
Molto probabilmente il grande pubblico preferisce le grandi distrazioni e gli eccessi "sex, drugs and rock and roll" piuttosto che gli intellettualismi, le citazioni colte e le denunce sociali della band gallese: una strofa del tipo
Economic forecast soothe our dereliction
Words of euthanasia, apathy of sick routine
Carried away with useless advertising dreams
Blinding children, life as autonotomes

fa fatica ad entrare in testa ad un pubblico sempre più distratto dalle luci e pailettes del music stardom, anche se le rivelazioni di Bradfield si sono rivelate poi veritiere, ma si sa come è il detto, "nemo propheta in patria"
Inoltre l'eccessiva lunghezza dell'album (oltre settanta minuti) lo rende dispersivo e  decisamente impegnativo nell'arrivare fino in fondo, nonostante l'ottima fattura dei pezzi.
Ad ogni modo i MSP la loro rivincita se la son presa grazie ad una carriera ventennale ed a diversi album sempre su gran livelli, nonostante la progressiva perdita di quella carica ed immediatezza "punk" in favore di sonorità più pompose ed orchestrali.
Ma la bellezza di questo Generation Terrorists fa ancora brillare gli occhi di tutti quegli animi "borderline" che si sono persi  nei testi e nelle musiche di Bradfield-Nicky Wire-Richey James-Sean Moore.
No innocent exit when hope dies
And claustrophobia buys my mind
I ran to breathe contagious lies
No reasons for just living life
Ripcord opens but my soul is cold
With you I never felt more alone
Skin never sweating dignity
Kept my line beneath ecstasy....Condemned to rock and roll!!!


http://www.manicstreetpreachers.com/
spotify:album:5XV63qDoIC1z2Tb0EIMVua



venerdì 7 giugno 2013

Raining Rock Jettblack ( Spinefarm Records/Universal 2013)












Negli ultimi anni, nel Regno Unito, è rinato un notevole interesse nei confronti di sonorità anni Settanta e Ottanta, legate al periodo d'oro dell'hard rock e del metal. A partire da reunion e festival fino al proliferare di numerose bands che hanno creato una nuova scena parallela ai trend musicali che vanno per la maggiore.
Tra questi ecco i Jettblack, giovane band proveniente da Wycombe con un esordio discografico nel 2011 e numerose apparizioni sui palchi dei maggiori festival targati UK.
Con questo Raining Rock arrivano a dare un seguito al loro fortunato debut, regalandoci una sfilza di ottime songs dotate di tiro e melodie a profusione che difficilmente possono lasciare indifferenti.
La title track è un anthem potente sulla scia di Judas Priest e Accept ( tra l' altro vi è anche una versione con special guest proprio Udo Dirchschneider) e va diretta dove deve colpire: nelle palle!
Anche la successiva Less Torque,More Rock affonda i denti nell'hair metal anni Ottanta con chitarre grintose e cori melodici che avrebbero fatto fortuna sui dischi di Warrant e Whitesnake.
Proprio la band del vecchio Coverdale viene presa come fonte d'ispirazione per Prison of Love, un' altra anthemica ballad che negli anni giusti avrebbe sfondato le rotation di radio e TV.
Tra i pezzi migliori Something About This Girl, con un chorus davvero catchy e la veloce System, dove i Nostri non esitano a pestar duro.
L'album si chiude con una ballad, The Sweet and the Brave, con ottime aperture melodiche e con arrangiamenti che la valorizzano ancora di più.
In sostanza i Jettblack non inventano nulla di nuovo, ma dimostrano di aver imparato la lezione e di saper scrivere ottime canzoni, ritagliandosi cosi il loro spazio  nella nuova scena hard rock inglese.
Da seguire!
I hear the drumming of thunder,
The rumble of rain,
A wail on the wind,
And the voice of pain,
So I step outside to find it's raining rock and roll

The air is getting heavy,
The metal has come to touch,
The sky turns a brutal black,
And breathing becomes too much,
So I step outside to find it's raining rock and roll,
So I step outside to find it's raining rock and roll,
Yeah
www.myspace.com/jettblackuk

www.facebook.com/jettblackuk
spotify:album:0TCHEW1rekATyL1U65SK6i


lunedì 14 gennaio 2013

Live in Paris The Pogues (Universal 2012)

Qualche anno fa ebbi la fortuna ( o sfortuna..dipende dai casi) di assistere all'unica data italiana dei Pogues, in un afosa sera di giugno, rinchiuso dentro il PalaTrussardi-Sharp-Vobis di Milano . Devo dire che l'attesa spasmodica di vedere una delle mie band preferite fu vanificata da una prestazione alquanto scadente del gruppo irlandese, con lunghe pause, errori e cadute di stile, che, se da una parte mi fecero sorridere, dall'altra delusero non poco le aspettative di chi li considerava un eccellente macchina live.
Pochi mesi fa ecco uscire questo appetitoso cofanetto che raccoglie gli sforzi per celebrare una carriera trentennale, condizionata da numerosi alti e, purtroppo bassi, ma che ha reso questa band uno status symbol per tutto il movimento punk-folk di matrice irlandese che negli ultimi anni ha preso piede un pò ovunque.
Parto subito col dire che il box è formato da due Cd che riprendono l'esibizione live all 'Olympia Theatre di Parigi, risalente allo scorso settembre e da altrettanti DVD che ci ripropongono il concerto integrale più alcuni documentari di emittenti francesi risalenti alla metà degli Anni Ottanta, sicuramente il climax artistico e commerciale della band.
Che dire..il prezzo ne vale tutto e mi ha fatto dimenticare quella pietosa esibizione di qualche anno fa a Milano. Certo la tecnologia aiuta parecchio con ottime riprese e i suoni "addomesticati", ma su quel palco ho ritrovato una band in forma strepitosa, sicuramente migliorata  e più coesa dopo il lungo periodo da separati. Il leader Shane MacGowan paga il dazio degli anni e degli abusi, ma non sarebbe lui senza la sua camminata traballante, la sua voce sbiascicata e l'eterna sigaretta accesa tra le dita mentre impugna il microfono. Ma sul palco c'è e lascia vedere tutto il suo carisma lasciandosi andare ad interpretazioni maestose dei classici della band. Anche il resto dei Pogues è ben rodato, a partire dall'altra anima della band, quello Spider Stacy che provò a far andare avanti la band pur senza il suo leader alcolico e qui, canta un paio di pezzi con la sua inconfondibile voce roca.
I classici della band ci sono tutti e non sto a dire cosa è venuto bene e cosa no...godetevi il concerto nella sua interezza, lasciandovi trasportare dalla magia della poesia alcolica del gruppo irlandese, sognando di essere li, in mezzo al pubblico a pogare e sudare sotto il palco, ed  anchese, Kirsty Maccoll non c'è più, vi ritroverete commossi nel vedere il balletto tra Shane ed Ella Finer (la figlia di Jem Finer, banjo e mandolino) sulle note finali di Fairytale of New York.
E a proposito di finale...come non chiudere in bellezza con Fiesta dove tra coriandoli e stelle filanti si celebra la chiusura di una reunion epocale in un mix di bagordi alcolici in salsa spagnoleggiante/irlandese.
Ancora una volta grazie ...alzo l'ennesima pinta in vostro onore al grido di Pogue Mahone!!!!!!
www.pogues.com
spotify:album:1aswgwvlGy5JWBhodmCRoq













lunedì 5 novembre 2012

Streetcore Joe Strummer (Hellcat Records 2003)












"SOMEWHERE IN MY SOUL, THERE ALWAYS  ROCK AND ROLL"
Quando nei primi anni del nuovo secolo, uno ad uno se ne andarono 3/4 della formazione dei Ramones, lo sconforto tra i fans (me in primis) fu profondo, ma fu anche accolto come un "beh prima o poi doveva succedere" viste le precarie condizioni di salute dei "Brodders". Ma all'annuncio dell'improvvisa morte di Joe Strummer, il 22 dicembre 2002, la comunità di fans rimase scioccata, dato che l'ex frontman dei Clash era in piena attività, sia compositiva sia dal punto di vista live, con la sua  rodata backing band, i Mescaleros.
Il disco che sto per recensire lo si può definire postumo a tutti gli effetti, visto che uscì un anno dopo la sua morte, per volere della sua band che finì di suonare e registrare i demo in fase embrionale delle canzoni qui presenti.
In molti storcerono il naso, ma analizzando più a fondo i contenuti di questo album affiorano le idee e la forte personalità di un instancabile musicista, sempre pronto a mettere in gioco la sua arte e la sua infinita passione.
Strummer ha sempre avuto una visione a 360 gradi riguardo la musica, non ponendosi mai limiti o barriere di genere, ma lasciandosi trasportare dalle emozioni che gli davano musicisti ed artisti dai luoghi più disparati del globo: il messaggio di Streetcore è chiaro, riportare la musica alla sua forma più pura e sincera, partendo proprio dalla strada, dal viaggio, dai ricordi e dalle conoscenze che si possono fare quando si passa la vita on the road, salendo e scendendo da un palco all altro, che sia quello del Madison Square Garden oppure quello di un anonimo pub della periferia inglese.
Nei quaranta minuti di questo testamento sonoro c'è davvero tanta carne al fuoco, dall'attacco inziale di Coma Girl, con il suo rock and roll garage minimale fino alle divagazioni rocksteady di Get Down Moses, dove lo spirito combat e barricadero che ha sempre contraddistinto Strummer esce prepotentemente.
Lying in a dream, cross battle field,
Crashing on a downtown strip,
Looking in the eyes of the diamonds and the spies and the hip
Who's sponsoring the crack ghetto?
Who's lecturing? Who's in the know and in the don't know?
You better take the walls of Jericho

Put your lips together and blow
Goin' to the very top
Where the truth crystallizes like jewels, in the rock, in the rock
Get Down Moses - from the eagle's aerie

We gotta to make new friends out of old enemies
Get Down Moses - back in Tennessee
Get Down Moses - down with the dreads
They got a lotta reasoning in a dreadhead
Get Down Moses - down in the street
Get Down Moses

 Sulle note di Long Shadows aleggia l'ombra di Johnny Cash ed infatti la leggenda vuole che questo pezzo sia stato composto per essere cantato insieme a lui, ma purtroppo il destino, ancora una volta beffardo non ha mai fatto incontrare i due per questa session.
Una bellissima ballad in stile American Roots, dall' aria polverosa e vagabonda fatta per percorrere le strade d'America e dare voce a tutti gli arrabbiati
 I hear punks talk of anarchy – I hear hobos on the railroads
I hear mutterings on the chain gangs
It’s those men who build the roads

Anche la successiva Arms Aloft è destinata a lasciare il segno, grazie alle sonorità più rock oriented, tanto da essere coverizzata negli anni a seguire dai Pearl Jam e chissa, forse nei progetti di  Joe Strummer, ci sarebbe stata anche una collaborazione con loro. Ancora una volta il destino con cui fare i conti....
L'etereo dub di Ramshackle Day Parade, con le sue aperture corali ci porta alla prima delle due cover inserite in questo album, quella Redemption Song che fu la celebrazione massima di Bob Marley, qui è omaggiata dalla voce calda e dall'accento cockney di Strummer in una versione che lascia gli occhi gonfi di lacrime tanta è l'intensità di questo pezzo.
La seconda cover è posta in chiusura, Silver and Gold, ma conosciuta come Before I Grow Too Old di Bobby Charles ed è l'ennesimo sberleffo del destino, poichè vengono citati sogni e buoni propositi da fare prima di invecchiare...ma Joe non ne ha avuto modo e non ne avrebbe avuto nemmeno tempo vista la sua frenetica e costante attività di musicista, scrittore, dj, oratore e organizzatore di eventi come Strummerville, una Woodstock in miniatura dedicata all'impegno sociale e al promuovere band emergenti.
Un album quindi che ha molto da dare, forse la migliore uscita da quando Strummer pose fine ai Clash trovando il giusto equilibrio con la sua nuova creatura, i Mescaleros. ed ancora una volta è il caso di dirlo...maledetto destino!
Strummerville
RadioClash. Portale Italiano sui Clash e Joe Strummer


domenica 19 febbraio 2012

Live at Shea Stadium The Clash (Sony BMG 2008)












Era il 13 Ottobre del 1982 ed il catino dello Shea Stadium di New York traboccava di gente per l'imminente concerto dell'accoppiata tutta inglese Clash e The Who. Ovviamente la band di Roger Daltrey sarebbe stata l'headliner della serata, mentre il successo del singolo Should I Stay or Should I Go aveva creato parecchio interesse verso la band di Strummer e soci, tanto da catapultarli da piccole venue come palazzetti e teatri al bagno di folla di uno stadio immenso come lo Shea.
L'epoca era quella di Combat Rock. ovvero le tute mimetiche, gli anfibi, la cresta di Strummer, omaggio al De Niro di Taxi Driver, ma anche lo zenit commerciale della band, che però fu il preludio al declino, dato da  dissidi e liti interiori che portarono allo scioglimento da li ad un paio di anni.
I 50 minuti a disposizione catturano l'essenza dei Clash, diretti e carichi di energia, pronti a conquistare la folla, nonostante siano gli outsider della serata e, molto probabilmente il pubblico a stelle e strisce poco sa dell'impegno politico della band inglese, della working class e delle tensioni sociali di cui si è sempre fatta portabandiera. Strummer e soci vanno diretti per la loro strada sin dall'iniziale London Calling con i suoi riff secchi e i ritmi sincopati.
E se deve essere live...che live sia, con le imperfezioni, gli errori e le stonature perchè sulle assi del palco può succedere di tutto, anche un Mick Jones, forse emozionato per la marea umana che si trova difronte, che dimentica le parole di Police on my Back e viene soccorso da Joe Strummer che invita il pubblico a fare silenzio.
La scaletta offre (quasi) tutto il meglio della discografia dei Clash, da Guns of Brixton a Tommy Gun, da Spanish Bombs alla lunga digressione reggae di The Magnificent Seven /Armagideon Time: tutto il colorato e multiculturale mondo di Strummer e soci viene condensato e dato in pasto al pubblico nell'ora scarsa a disposizione che però sembra esaltarsi solo sul finale con la richiestissima Should I Stay or Should I Go.
Ad ogni modo il concerto allo Shea Stadium ( che da anni girava già come bootleg) è un documento importante per i fans della "only band that matters" visto che ne celebra il trionfo in terra americana e li immortala all'apice della loro popolarità, pochi mesi prima dal loro ritorno in patria e dall'inizio del declino.

www.theclash.com

Radio Clash  ( portale tutto italiano su Strummer ed i Clash)

sabato 23 luglio 2011

England Keeps my Bones Frank Turner (Epitaph Rec. 2011)













Not everyone grows up to be an astronaut
Not everyone was born to be a king
Not everyone can be Freddie Mercury
Everyone can raise a glass and sing
Well I haven't always been a perfect person
And I haven't done what mom and dad had dream
But on the day I die
I'll say, at least I fucking tried
That's the only eulogy I need
That's the only eulogy I need

E' con questa dichiarazione d'intenti che si apre il quarto album di Frank Turner, parole che sanno di umiltà e voglia di fare, una gran bella introduzione per un disco davvero interessante.
Frank Turner, inglese di nascita e un passato da punk rocker, già da diversi anni ha indossato i panni del folk-rock singer e ha avviato la sua carriera sulla scia di grandi cantastorie come Billy Bragg, Bob Dylan, Bruce Springsteen e perchè no, Brian Fallon, che proprio con i suoi Gaslight Anthem l'anno scorso ha dato la possibilità a Frank di aprire i suoi concerti.
Ed ora il ritorno, un disco  dal titolo di citazione shakesperiana, che vuole essere un tributo alla sua Inghilterra e volge sempre uno sguardo malinconico al passato.
Un album che ha due facce, una più intima ed acustica e l'altra più sfrontata ed elettrica, ma in entrambe si denota una gran personalità ed una sincerità che vi farà ascoltare ed apprezzare  questo musicista.
Le ballate Rivers e Wessexboy sono il tributo alla sua patria, un atto d'amore verso la Terra che gli ha dato i Natali, dolci ballate dal sapore bucolico che fanno sognare qualche sperduta "Shire" inglese.
So place your trust into the sea
It's kept us safe for centuries
It shaped our shores and steadily
Its care has brought us, come
When I die, I hope to be buried out in English seas
So all that then remains of me
Will lap against these shores
Until England is no more

Nelle tracce di questo album viene ripercorsa l'Inghilterra dal punto di vista di un Busker, dalle campagne, alle città, dalla serenità di staersene seduti sul bordo di un fiume a strimpellare la chitarra fino al caos metropolitano della City con i suoi vizi ed i suoi demoni

We bathed like swimmers in the morning sun, waiting for our night to end
It felt like one of us would come down hard and one of us would start again
It started out curious, it started out fun
We smoked in the woods when we were young
And secretly slipped something under our tongues
And danced the night away
And everyone stumbles on old cocaine
It burns out the flesh, and it burdens the brain
‘Til brown comes and whisks away your pain and you find you've lost your way
(da Night Becomes a day)
Anche quando viene dato risalto al lato elettrico e rock delle composizioni, Frank Turner riece ad esprimersi al meglio come nel singolo Peggy Sang the Blues o If  Ever I Stray, anche se, volendo cercare il pelo nell'uovo una produzione più curata avrebbe giovato di più alla riuscita di alcuni pezzi ( è il caso di One Foot Before the Other che purtroppo è sviluppata su buone idee, ma stenta a decollare, proprio per una pessima resa sonora)
Ad ogni modo lo spirito rock and roll aleggia sempre nell'aria ed il tributo che Frank vuole dare ai miti di gioventù ed a quel sogno che non vuole mai lasciarci, viene impresso nella splendida I Still Believe, a mio avviso il pezzo migliore di tutto il disco:  un tributo, magari ingenuo, ma dannatamente sincero e diretto al lifestyle che da più di sessant'anni ha cambiato la vita a molti di noi (canzoni folk dell'era moderna...come le definisce lui).
And I still believe (I still believe) in the saints.
Yeah, in Jerry Lee and in Johnny and all the greats.

And I still believe (I still believe) in the sound,
That has the power to raise a temple and tear it down.

And I still believe (I still believe) in the need,
For guitars and drums and desperate poetry.

And I still believe (I still believe) that everyone,
Can find a song for every time they've lost and every time they've won.
 Frank Turner non cambierà le sorti della musica ed è ben conscio di non scrivere capolavori immortali, ma un disco cosi vale la pena di essere ascoltato e sono sicuro che non vi lascerà indifferenti, regalandovi ben più di un emozione. Dategli una chance!!!!
www.myspace.com/frankturner
http://www.frank-turner.com/




venerdì 29 aprile 2011

GlasVegas (Columbia Records 2008)













Qualche anno fa gli scozzesi GlasVegas vennero considerati l'ennesima "Next Big Thing" dalla stampa specializzata d'Oltremanica, grazie ad una manciata di singoli in perenne heavy rotation su radio, web e canali musicali. Poi,esplosa la bolla tutto venne ridimensionato per cercare l'ennesima stella cometa, ma ciò non toglie il genuino valore di questi ragazzi di Glasgow, che grazie ad una manciata di singoli, riusci ad imporsi sulla scena musicale alternativa.
Questo debut album non è altro che una raccolta dei primi singoli e di altri inediti sparsi qua e là, ma che è destinato a lasciare il segno in virtù di ottime ed ispirate melodie ed una proposta musicale davvero eccelsa.
Il pezzo "da novanta" è senzadubbio Daddy's Gone, passato migliaia di volte in Tv ed in radio,una disperata e malinconica ballad imperniata sulle meravigliosi doti canore di James Allan, un mood molto anni '50 con semplici melodie una batteria elementare ed il fulcro proprio nel cantato.
I GlasVegas potrebbero essere accostati ai Beach Boys più cupi, agli Housemartins e al noir degli Smiths di "His Majesty" Morrissey e queste caratteristiche le possiamo trovare tutte concentrate in Daddy's Gone appunto, una cruda riflessione di un figlio abbandonato dal padre e dagli affetti familiari.
all i wanted was a kick-a-bout in the park
for you to race me home when it was nearly getting dark
how i could've been yours, and you be mine
it could've been me and you until the end of time
do what you want, when you want
be as fuckin' insincere as you can
what kind of way is that to treat your wife
to see your son on saturdays
what way is that to live your life?

In generale i testi dei GlasVegas sono cupi e pessimisti, probabilmente frutto anche del contesto sociale dal quale i Nostri provengono: la periferia di Glasgow non è certamente un parco giochi e quindi l'indurimento dei sentimenti dato da disagi familiari ed  una dura vita da strada sono facilmente comprensibili ascoltando le canzoni contenute in questo album.
L'opener è affidato a Flower and Football Tops, ovvero l'assurda morte di un adolescente coinvolto in una rissa da strada
Baby
why you not home yet
baby its getting late
i wish you would be home by now.
door bell rings
who could it be at this time
police on my left and right
my son’s not coming home tonight.

mentre Geraldine è una dedica particolare ad un'assistente sociale (anzi An Angel on my Shoulder, come la definiscono i GV), cosi come Go Square Go parla del "bullismo" ed el farsi rispettare per strada.
Uno dei miei pezzi preferiti però rimane It's My Own Cheating Heart that Makes me Cry, una straziante e disperata song che non lascia  speranze per il futuro, che getta solitudine e sconforto, che si rivela un angoscioso e rabbioso viaggio interiore. Il finale con quel magma di chitarre elettriche ( molto Radiohead prima maniera...) è davvero straziante, ma meravigliosamente bello per quanto sia intenso!
so this is where the outcome unfurls and the truth is being told
a cloud has gathered over my head and now i know
infidelity and my good friend ecstasy doesn’t work, it makes you worse
I’m feeling so guilty about the things i said to my mum when i was ten year old
I’m feeling so guilty about any old shit
and how i think my missus is fucking every guy that she looks at
this is it, this is it, this is it, this it
the end was always coming and now its here

so this is the grand finale
the crescendo of demise
this is the happy ending
where the bad guy goes down and dies
this is the end
with me on my knees and wondering why?
cross my heart, hope to die
its my own cheating heart that makes me cry

Probabilmente un seguito cosi bello i GlasVegas non riusciranno a ripeterlo, probabilmente i media li hanno gia fagocitati e sputati per gettarsi su qualche altra "amazing band", ma ciò che resta è la bellezza  e l'intensita di un disco come questo! Da avere!!
http://www.glasvegas.net/
www.myspace.com/glasvegas