Visualizzazione post con etichetta Hard Rock. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Hard Rock. Mostra tutti i post

venerdì 8 gennaio 2016

Sol Invictus Faith No More ( Reclamation Recording/Ipecac records 2015)













Sono passati ben 18 anni dall'ultima uscita discografica dei Faith No More! Avete idea di cosa sono 18 anni? Cosa ne è passata di acqua sotto i ponti in questo lasso di tempo? Provate a fare uno sforzo e ripensare cosa stavate facendo 18 anni fa, dove eravate, che musica ascoltavate? Se per noi comuni mortali è impegnativa la cosa, per il music business è paragonabile ad un era geologica, ma i Faith No More, paladini dell'alternative e della follia durante gli Anni Novanta se ne fregano e, dopo aver testato il terreno qualche anno fa con una celebrata reunion, hanno deciso di suggellare il loro idillio musicale con un ritorno alle scene discografiche.
Giusto per non smentirsi scelgono di fare tutto in casa, utilizzando l'etichetta del frontman Mike Patton e la supervisione in fase di produzione del fido bassista Billy Gould. D'altronde chi conosce i FNM sa che se ne son sempre strafregati delle logiche di mercato e hanno sempre fatto di testa loro, spiazzando fan e critici nel proporre musica a 360 gradi senza porsi limiti di alcun tipo.
Ma quindi come è questo Sol Invictus? Spiazzante, sperimentale ed assolutamente anticommerciale, in poche parole bentornati Faith No More!!!
Nel calderone di atmosfere cupe ed oscure, un pò come la cover del disco, troviamo l'hard rock ignorante di Superhero, primo singolo prescelto(ma lontano anni luce dal concetto di "singolo"),la claustrofobia ansiogena di Separation Anxiety, le aperture di Motherfucker ( e qui Patton non si smentirà mai!!) a fare da contraltare allle melodie alla "I'm Easy" di Sunny Side Up e Black Friday e quel piccolo gioiello in bilico tra rock duro, progressive e pruriti indies di Matador.
I FNM suonano per se stessi, per superare ancora una volta quelle barriere che più volte hanno infranto senza fossilizzarsi sui fasti del passato. Ognuno ci mette del suo, soprattutto Mike Patton, istrionico, imprevedibile che usa la voce come un vero e proprio strumento, districandosi tra urla, tonalità basse e cupe e melodie ben assortite da vero "leader of men" parafrasando il ritornello di Superhero.
Non è un album da easy listening, ma richiede attenzione e concentrazione, bisogna lasciarsi prendere per mano e farsi guidare in questa nuova avventura musicale della band e mai un ritorno fu più gradito:sicuramente non lo si annovererà trai capolavori della band, ma sono pronto a scommettere che, come il precedente Album of the Year, verrà capito con gli anni a venire ed usato come pietra di paragone per molte nuove bands che avranno voglia di osare.
Ecco i Faith No More versione 2015, ma adesso non fatemi più aspettare altri 18 anni altrimenti rischio di diventare una comparsa per il video di Sunny Side Up!
Faith No More Official Site
https://www.facebook.com/faithnomore/
Sol Invictus-Spotify








               



































































sabato 8 novembre 2014

Wonderful Race Highway Dream (Street Symphonies Rec 2014)













Asfalto, lunghe autostrade assolate, odore di benzina e voglia di schiacciare fino in fondo la tavoletta dell'acceleratore! Ecco cosa mi è venuto in mente durante l'ascolto di Wonderful Race, debut album degli Highway Dream da Cremona, ottima band dedita ad un altrettanto ottimo hard rock che non disdegna qualche puntata in territori metal.
Ed è proprio l'opener Unbelievable che fa venir voglia di girare la chiave nel cruscotto e partire lasciando una stridente sgommata sull'asfalto, una killer song che mostra subito di che pasta son fatti questi rockers cremonesi.
Da subito si denota una notevole preparazione tecnica che lascia un a bella prova di sè in tutte le dieci canzoni del disco, la band è splendidamente preparata e rodata e nulla sembra essere lasciato al caso, soprattutto la voce di Isa Gorni, potente e versatile, tanto che in alcuni casi sembra allontanarsi dai territori più hard per confrontarsi con la grinta vocale di Tina Turner.
Non sono da meno neanche gli altri elementi come Roberto Zoppi che ci regala splendidi assoli, mai fini a se stessi, ma ben strutturati all'interno delle canzoni, cosi come la vasta gamma di suoni del suo guitar working che vanno dall' hard rock più sleazy fino alle svisate quasi thrash di Many Reasons.
Ed è proprio questo pezzo che vede il drumming di Max Agliardi arrivare a picchi di potenza e precisione incredibili, cosi come Gabriele Frosi che lascia impronte indelebili con le sue linee di basso.
Il ritmo e la potenza sono alla base del sound degli HD, ma è importante alla stessa maniera anche la ricerca della melodia, basti pensare a ritornelli catchy come Highway Dream o Let me be Your Breath che non sfigurerebbero in un ideale playlist di hard rock classico.
Il miglior pezzo del cd, a mio avviso, è però Falling Down, cinque minuti di rocciosi riff  che si dipanano tra cambi di tempo, arpeggi e atmosfere più soffuse, quasi un pezzo hard prog che riassume a pieno la grande versatilità e capacità della band di immedesimarsi nelle atmosfere più disparate.
Con Some Stars si torna a sonorità più di ampio respiro, una prima parte acustica ed intima che poi lascia il posto ad una cavalcata epica di puro rock and roll.
E puro rock and roll è anche l'atto conclusivo di questo debut: Born to Be a Rockstar, la dichiarazione definitiva d'intenti che gli Highway Dream vogliono lasciare ai loro fans. In questi quattro minuti di tellurica ed anthemica potenza sono racchiusi i sogni e le speranze della band e sicuramente diventerà un cavallo di battaglia in sede live.
A conti fatti ci troviamo davanti ad un ottimo disco, ben suonato e per nulla scontato, quaranta minuti che grondano sudore e passione che speriamo vengano recepiti da un pubblico sempre più ampio.
In un loro pezzo cantano "Some stars never start to shine"...la speranza è che la loro stella brilli sempre più luminosa nel panorama hard & heavy italiano.
www.highwaydream.it
Facebook
www.streetsymphonies.com
Wonderful Race Spotify


lunedì 1 settembre 2014

Water Shape The Black Rain (Atomic Stuff Records 2014)












Ecco un' altra produzione targata Atomic Stuff Records, piccola label italiana che sta compiendo parecchio movimento nel sottosuolo musicale tricolore puntando sempre più spesso su bands sconosciute ma molto interessanti.
Da pochi mesi è uscito questo secondo album dei The Black Rain, hard rock da Bologna che mi ha impressionato sin dai primi ascolti per la capacità di scrivere ottime canzoni dotate di tiro e melodia e soprattutto una versatilità che trascende i generi, spaziando dagli stilemi più classici fino ad abbracciare anche sonorità più attuali.
Infatti all'interno di questo disco possiamo trovare momenti più Anni Settanta come Mesmerize, che si regge su riff rocciosi e taglienti figli di quella pietra miliare chiamata Black Dog della premiata ditta Page & Plant, ma anche melodie più easy e veloci come She's So Amazing o Robert Johnson, potenti cavalcate che se fossero state incise nel periodo d'oro dell' hard rock/ AOR americano avrebbero fatto sfracelli.
Tutto qui vi starete chiedendo?e no invece ci sono alcuni episodi che meritano davvero molta attenzione, come Rock and Roll Guy, ballad che sa di polvere e asfalto, di sudore e fatica e che ti si appiccica addosso come un paio di vecchi jeans, talmente comodi che non vorresti mai farne a meno.
Times of Trouble è oscura, malinconica come solo Soundgarden e Temple of the Dog sapevano fare: il cantato di Mirko Greco trascende qualsiasi catalogazione regalandoci una prestazione ricca di sentimento e passione, elementi che raggiungono il loro zenit in Without Love, altra ballad che riesce davvero ad arrivare li dove deve colpire e cosa sarebbe potuta diventare se la produzione fosse stata davvero all'altezza di questa composizione.
Ebbene si, se devo trovare un difetto è proprio nella resa sonora, che se fosse stata più "potente" e meno ovattata avrebbe davvero regalato il top di capolavoro per questo album.
Il finale sorprende ancor di più con King of Stones, la traccia più sperimentale di tutto il disco, giocata su parti lente e stacchi più aggressivi, tutte nel segno di un hard rock oscuro che lambisce  territori quasi metal.
Una traccia da ascoltare e riascoltare più volte per carpirne al meglio le sfumature e gli ottimi inserti di chitarra presenti al suo interno.
In definitiva un ottimo lavoro che, nonostante le evidenti influenze musicali, riesce a stare in piedi da solo grazie a delle notevoli capacità compositive e ad un livello tecnico davvero alto, ma soprattutto è l'ennesimo segnale che in Italia ci sono band valide che meritano di uscire dall'anonimato e che meritano maggiori riconoscimenti.
www.theblackrain.com
https://www.facebook.com/pages/The-Black-Rain/137533619623054
The Black Rain – Water Shape