Nessuna pretesa o velleità giornalistica, solo uno spazio dove poter parlare liberamente di musica, canzoni ed emozioni. Un invito a riscoprire dischi vecchi e nuovi,grandi classici o perle nascoste perchè rocker si nasce...non si diventa!!!
Natale si sa, ha sempre esercitato un fascino particolare con la sua tradizione e le sue atmosfere magiche. Anche le più scafate rockstar hanno sempre ceduto alla tentazione di riproporre qualche cover natalizia oppure regalare ai fans qualche inedito giusto per celebrare questa festa. La lista è lunghissima, si parte dai Twisted Sister fino ai Ramones, per non dimenticare Bad Religion e Pogues, questi ultimi poi raggiungono ogni hanno le toplist con la loro dissacrante Fairytale of New York.
Non vogliono essere da meno le Mosche di Velluto Grigio,band della Bassa Padana, di cui ho avuto modo di recensire mesi fa il loro ultimo album In te Ho Sognato.. , regalando ai propri fans questa strenna natalizia, disponibile proprio dal 23 dicembre sulle principali piattaforme digitali.
Will be Christmas vuole essere un tributo alla tradizione natalizia, ma anche un bel pezzo punk folk, nello stile delle Mosche, anche se rispetto alle recenti produzioni, la componente rock and roll è più marcata, lasciando comunque un bel tappeto di sottofondo alle cornamuse. L'inizio parte lento e soffuso, con la roca voce del Cagno che ha il compito di scaldare i motori, prima di partire a testa bassa come i migliori Dropkick Murphys o Bad Religion.
Inutile spendere troppe parole, Will be Christmas va ascoltato, assimilato e suonato, magari proprio la notte della Vigilia, dove tra un brindisi e l'altro ( Guinness o Whisky please!!) potrà scappare anche una pogata sotto l'albero prima di scartare i regali!
Buon Natale Mosche!!! Facebook Spotify Page
E' proprio vero che spesso, dietro ad alcuni capolavori artistici, ci sono storie di disagi e sofferenza, probabilmente i fattori che fanno scaturire la creatività come valvola di sfogo e liberano tutto il genio e la fantasia che un talento può avere dentro di se. Siamese Dream, pilastro della musica alternative degli Anni Novanta, ha avuto una gestazione travagliata,dovuta ai problemi personali dei singoli membri della band che gli ha dato la luce, gli Smashing Pumpkins destinati da qui in poi a diventare un vero e punto di riferimento negli anni a venire. Ma partiamo con ordine, anche se usare questa parola è un pò paradossale con i Pumpkins, visto che il batterista Jimmy Chamberlin è nel pieno della sua dipendenza da eroina, la bassista D'Arcy e il chitarrista James Iha pongono fine alla loro relazione sentimentale, risultando così "separati in casa" all'interno della band, mentre il leader Billy Corgan è in una fase di depressione acuta con manie suicide e le sue bizze si trasformeranno in vere e proprie paranoie portando il lavoro in studio a momenti di pura rabbia per voler il controllo totale dei suoni e delle composizioni. In tutto questo caos Siamese Dreams esce nell'estate del 1993, con la produzione affidata al guru della consolle Butch Vig e sarà destinato a divenire un best seller ed a creare un suono unico ed inconfondibile. Il sound degli Smashing Pumpkins attinge a piene mani dall'hard rock zeppeliniano, dalle sfuriate punk e dalla vena indie pop cosi cara ai Pixies; troviamo l'edonismo metal insieme alle dilatazioni psichedeliche dei Sixties, il tutto a creare un suono unico ed inconfondibile come la voce di Corgan, una timbrica che non pone mezzi termini: dolce e stridula allo stesso tempo o la si ama o la si odia. Siamese Dreams si rivela cosi una fucina di singoli che scaleranno le playlist di quegli anni, come Today, con l'inconfondibile intro di chitarra ed il deflagrare di un suono pieno ma allo stesso tempo melodico.Verrà paragonata alla Lithium dei Nirvana, anche per via del testo in cui Corgan sfoga la sua depressione e le sue manie suicide. Today is the greatest Day I've ever known Can't wait for tomorrow I might not have that long I'll tear my heart out Before I get out Pink ribbon scars That never forget I tried so hard To cleanse these regrets My angel wings Were bruised and restrained My belly stings L'iniziale Cherub Rock con il suo drumming martellante è un altro highlight di melodica disperazione, mentre Rocket è l'ennesimo grido liberatorio di Corgan, che nei suoi testi trova sempre di più sfogo dai suoi demoni interiori. L'apice del suo dramma è in Disarm, ballata barocca cosi bella quanto toccante per via dell'argomento toccato, gli abusi subiti dal cantante da bambino e sin li sempre taciuti. I used to be a little boy So old in my shoes And what I choose is my choice What's a boy supposed to do? The killer in me is the killer in you My love I send this smile over to you Disarm you with a smile And leave you like they left me here To wither in denial The bitterness of one who's left alone Ooh, the years burn Ooh, the years burn, burn, burn Quiet e Geek Usa sono il lato più violento e rumorista esposto dalla band, i riff quasi hardcore che vengono gettati con veemenza in pasto al pubblico, ma il capolavoro di questo disco è una canzone destinata a rimanere in secondo piano ed a non essere pubblicata come singolo. Si tratta di Mayonaise, malinconica poesia che sembra sempre sul punto di esplodere come un pianto liberatorio. In questo pezzo Billy Corgan mette in campo la sua raffinatezza ed i suoi sentimenti creando un vero e proprio gioiello che va a scavare a ritroso tra i suoi ricordi ed il suo passato. Mother weep the years I'm missing All our time can't be given Back Shut my mouth and strike the demons That cursed you and your reasons Out of hand and out of season Out of love and out of feeling So bad When I can, I will Words defy the plans When I can, I will A chiudere due crepuscolari canzoni come Luna e Sweet Sweet, che con toni soffusi ci accomiatano da questo Siamese Dreams, disco epocale che, a torto, fu inserito nel calderone grunge di quegli anni, ma che fu un punto di partenza per una scena alternative e per il mastodontico capolavoro che fece conoscere gli Smashing Pumpkins al grande pubblico, il doppio Mellon Collie and The infinite Sadness. Ma questa è un'altra storia. Smashing Pumpkins Official Site Facebook Spotify
Asfalto, lunghe autostrade assolate, odore di benzina e voglia di schiacciare fino in fondo la tavoletta dell'acceleratore! Ecco cosa mi è venuto in mente durante l'ascolto di Wonderful Race, debut album degli Highway Dream da Cremona, ottima band dedita ad un altrettanto ottimo hard rock che non disdegna qualche puntata in territori metal.
Ed è proprio l'opener Unbelievable che fa venir voglia di girare la chiave nel cruscotto e partire lasciando una stridente sgommata sull'asfalto, una killer song che mostra subito di che pasta son fatti questi rockers cremonesi.
Da subito si denota una notevole preparazione tecnica che lascia un a bella prova di sè in tutte le dieci canzoni del disco, la band è splendidamente preparata e rodata e nulla sembra essere lasciato al caso, soprattutto la voce di Isa Gorni, potente e versatile, tanto che in alcuni casi sembra allontanarsi dai territori più hard per confrontarsi con la grinta vocale di Tina Turner.
Non sono da meno neanche gli altri elementi come Roberto Zoppi che ci regala splendidi assoli, mai fini a se stessi, ma ben strutturati all'interno delle canzoni, cosi come la vasta gamma di suoni del suo guitar working che vanno dall' hard rock più sleazy fino alle svisate quasi thrash di Many Reasons.
Ed è proprio questo pezzo che vede il drumming di Max Agliardi arrivare a picchi di potenza e precisione incredibili, cosi come Gabriele Frosi che lascia impronte indelebili con le sue linee di basso.
Il ritmo e la potenza sono alla base del sound degli HD, ma è importante alla stessa maniera anche la ricerca della melodia, basti pensare a ritornelli catchy come Highway Dream o Let me be Your Breath che non sfigurerebbero in un ideale playlist di hard rock classico.
Il miglior pezzo del cd, a mio avviso, è però Falling Down, cinque minuti di rocciosi riff che si dipanano tra cambi di tempo, arpeggi e atmosfere più soffuse, quasi un pezzo hard prog che riassume a pieno la grande versatilità e capacità della band di immedesimarsi nelle atmosfere più disparate.
Con Some Stars si torna a sonorità più di ampio respiro, una prima parte acustica ed intima che poi lascia il posto ad una cavalcata epica di puro rock and roll.
E puro rock and roll è anche l'atto conclusivo di questo debut: Born to Be a Rockstar, la dichiarazione definitiva d'intenti che gli Highway Dream vogliono lasciare ai loro fans. In questi quattro minuti di tellurica ed anthemica potenza sono racchiusi i sogni e le speranze della band e sicuramente diventerà un cavallo di battaglia in sede live.
A conti fatti ci troviamo davanti ad un ottimo disco, ben suonato e per nulla scontato, quaranta minuti che grondano sudore e passione che speriamo vengano recepiti da un pubblico sempre più ampio.
In un loro pezzo cantano "Some stars never start to shine"...la speranza è che la loro stella brilli sempre più luminosa nel panorama hard & heavy italiano. www.highwaydream.it Facebook www.streetsymphonies.com Wonderful Race Spotify
Dove ci eravamo lasciati? con il debut album bestseller Shake Your Money Maker e con la strada spianata verso un crescente successo! Ecco questa è la via che tracciano i Black Crowes, band guidata dai litigiosissimi fratelli Robinson, che vedono le loro gesta catapultate sui palchi di tutto il mondo, pronti a sfidare il nascente astro del grunge con i suoi chitarroni pesanti e le camicie di flanella.
Della partita entra il chitarrista Marc Ford, che darà ancor più vigore alle nuove composizioni, che verranno pescate a piene mani, come potenziali singoli, per trascinare l'album nelle classifiche di vendita.
Le coordinate stilistiche son sempre le stesse: un buon hard rock venato di soul, ma con l'aggiunte di quel blues sporco e graffiante che ha reso immortali la coppia Richards & Jagger.
Ecco quindi l'opener Sting Me, ottimo "rock and soul" impreziosito da cori femminili, per dare quell'aurea "southern" alla canzone. A ruota segue Remedy, primo singolo che colpisce direttamente al cuore con il suo ritmo cadenzato dettato da un piano honky tonky e dal suo chorus sinuoso e sensuale grazie ai soliti controcori femminili messi li ad arte.
Ma nulla di questo album è scritto a tavolino per vendere, qui c'è una pura passione rock and roll, sanguigna e viscerale, sicuramente in contrasto coi tempi che furono, anacronistica ma dannatamente efficace perchè vuole colpire il centro nevralgico dei sentimenti dell'ascoltatore.
Sotto quindi con il sofferente blues di Bad Luck Blue Eyes Goodbye, lento e carico di dolore come solo chi patisce le pene d'amore può provare. Ed è sempre il blues la strada maestra da seguire come in Sometimes Salvation, dove lo spettro di Janis Joplin si materializza in tutta la sua urgenza di scaldare le corde vocali con l'ultimo sorso di Southern Comfort: qui Chris Robinson sembra davvero essere impossessato dal demone alcolico della Joplin, e la sua voce traccia la linea guida nella sua roca disperazione. Thorn in My Pride è la ballata che fa tirare il fiato, notturna e rilassante, tra le sue percussioni, il calore di un Hammond, vitale come il ritrovarsi attorno ad un falò in una notte d'inverno. Hotel Illness è l'ennesimo singolo estratto all'epoca ed è devozione assoluta ai Rolling Stones ed alle highway americane, cosi come Black Moon Creeping e My Morning Song che omaggiano gli Zeppelin e il vibrante hard rock dei Seventies tra ottimi riff, assoli cesellati ad arte e la consapevolezza che senza i grandi del passato non si può andare avanti.
La chiusura è affidata ad una cover, pratica che spesso ha visto i Black Crowes impegnarsi a dare versione inedite di pezzi altrui. In questo caso tocca a Bob Marley, con la sua Time Will Tell, ripresa in chiave acustica e con un tocco soul che sa davvero stravolgere l'originale ma sa anche dargli una potente aurea "black" che fa chiudere il legame sacro con il cantante giamaicano.
Un altro grande capolavoro quindi di questa ottima band, che ha saputo scrivere grande musica senza svendersi alle leggi di un mercato, che, all'epoca, guardava da tutt'altra parte, ma che grazie alla grande passione ed alla sincera proposta dei fratelli Robinson, ha saputo ritagliarsi una parte importante nella storia del rock americano. www.the blackcrowes.com www.facebook.com/TheBlackCrowes The Black Crowes – The Southern Harmony And Musical Companion
Ho sempre considerato Brian Fallon un songwriter eccezionale, capace di scrivere ottime canzoni ed altrettanti testi, di scavare nel profondo dell'animo e di avere quella capacità di narrare il passato con una romantica nostalgia, davvero inusuale per un ragazzo che, in fin dei conti, ha superato da poco la trentina. Evidentemente la sua carriera musicale ha avuto un impatto notevole nel suo animo, ed anche le ultime vicende personali ( ha recentemente affrontato il divorzio dalla moglie, compagna di vita da oltre un decennio) hanno segnato notevolmente le sue composizioni, dolorosamente afflitte da un fardello che il cantante ha voluto sfogare in questo album. Devo essere sincero, non avevo grandi aspettative per questo quinto album in studio della band americana, dato che i primi ascolti non mi avevano entusiasmato e anche questo cambio di sound, più rock oriented rispetto alle precedenti produzioni mi avevano trasmesso l'immagine di una band stanca e "ingrassata" dai contratti con una major. Niente di più sbagliato, perchè grattando sotto la superficie e lasciando da parte gli ascolti facili di Spotify, rimane un disco ben più profondo di quel che vuole sembrare, con ottimi testi ed anche una certa ricercatezza di suoni, tornati su un mood più ruvido rispetto alla produzione di Brendan O'Brien sul precedente Handwritten. Certo l'attacco di Stay Vicious, cosi pesantemente distorto mi aveva lasciato di stucco, ma poi l'incedere del pezzo si stempera e lascia il campo ad un ottima rock song, in quello stile che ha reso famosi i Gaslight Anthem, perennemente in bilico tra i Social Distorsion e Bruce Springsteen, senza dimenticare eroi alternative come Pearl Jam o Afghan Whigs. Proprio la band di Greg Dulli sembra essere omaggiata in Stray Paper, grazie a delle ottime armonizzazioni e un intensa prova di Fallon, sempre più leader del combo. Come dicevo prima, i travagli sentimentali del cantante sembrano essere la chiave di volta di questo album, quindi le atmosfere cupe e soffuse della titletrack o di Underneath the Ground sono una delle sfaccettature che ritroviamo all'interno di questi quaranta minuti, ma non si preoccupino i fans di vecchia data, perchè in Rollin' and Tumbling i Jersey Boys non si tirano indietro regalandoci il loro primo singolo carico di rabbia e disperata poesia.
So should I take everything, all your temporary medicines?
Should I take your reds, your blues, and your cocaine?
Should I take something to try on the weekend?
Should I take anything... or did you mean everything?
When I hit the wall, wrecked from it all
You put flowers down on the cold ground
And cry me a river
And assure me I'm crazy
While you question the answers
And then you lean on my best friends
Until you find better weather
And you take a vacation
I heard you got all my letters
Signed "The Great Depression"
Baby rollin' and tumblin'
Anche Helter Skeleton è un ritorno agli esordi ed alle sonorità di quel piccolo gioiello che fu The 59 Sounds, ma per il sottoscritto il meglio deve ancora venire, con delle gemme nascoste come SelectedPoems, ricca di sfumature, melodie, un assolo fantastico come ciliegina sulla torta e dei testi che scavano nel profondo.
And all I seemed to find is that everything has chains. And all this life just feels like a series of dreams. Selected poems and lovers I can't begin to name. And all in all I find that nothing stays the same.
E continua a scavare anche la ballata acustica Break Your Heart, grondante di dolore e figlia di un cuore spezzato, in cui Fallon mette davvero a nudo i suoi sentimenti.
And oh, my my, it would break your heart, If you knew how I loved you, if I showed you my scars, If I played you my favorite song lying here in the dark. Oh my my, it would break your heart.
Il finale è affidato a Dark Places, inno rock and roll che avrebbe la benedizione di Springsteen e Joe Strummer, in cui si legittima la consapevolezza di una relazione sentimentale conclusa e dove la tristezza lascia posto ad un amaro addio.
All of the things that I tried to explain, How something inside of me started to break. We were living proof, one by one we drifted away… Drifted away… One by one and day by day, I became the dark in the places where you live.
Cosa rimane di questo Get Hurt? Rimane una grande prova dei Gaslight Anthem, rimane un disco che deluderà molti, farà parlare di sè, ma regalerà emozioni a chi si sforzerà a capirlo. I TGA sono cambiati, sono maturati, ma non hanno perso quella attitudine romantica e nostalgica, tipica di chi sogna rock and roll giorno e notte, d'altronde è lo stesso Fallon a dire "I still love rock and roll, and still call somebody baby" proprio ad inizio disco, tanto per ribadire la sua devozione alla causa.
Con un disco come questo si potrebbe scrivere la parola CAPOLAVORO e chiudere ogni tipo di commenti, lasciando all'ascoltatore la voglia di togliersi la curiosità e scoprire il perchè di tale denominazione. Ma sarebbe davvero riduttivo ed allora facciamo un salto temporale negli Anni Novanta, ultima decade davvero innovativa per la musica rock, soprattutto oltreoceano dove l'uragano grunge spazza via qualsiasi cosa e lascia segni indelebili anche nel nostro paese. Le band cosiddette "alternative" iniziano a prendere piena consapevolezza di sè ed escono dalle cantine per affacciarsi nel mainstream, nascono case discografiche più o meno professionali e si organizzano tour sempre più estesi. Anche la stampa e i mass media iniziano ad aver un certo interesse verso questo nuovo mondo che si sta affacciando anche in Italia. Nel 1997 esce Hai Paura del Buio ed è la summa dell'estro artistico creativo di Manuel Agnelli, cantante, chitarrista e leader della band milanese che più di ogni altra riuscirà nell'intento di imporsi al pubblico di ogni estrazione. Nelle 19 tracce che compongono questo album troviamo un compendio di rock distorto ma allo stesso tempo melodico dove i nomi sacri di Pixies, Nirvana, Sonic Youth vengono citati per descrivere il vortice sonoro che caratterizza l'intero lavoro: mai prima d'ora una band italiana era stata cosi vicina per sonorità, mentalità ed attitudine ai mostri sacri d'oltreoceano, complice anche un songwriting basato sulla tecnica del "cut up",ovvero il tagliuzzare frasi di senso compiuto e rimescolare le parole per poterne dare molteplici significati. All'interno di HPDB ci sono sfumature e contrasti, a partire dalla copertina dove un innocente sorriso è sovrastato dall'inquietante domanda che da il titolo al disco, mentre l'apertura minimale di 1.9.9.6. è squarciata da una bestemmia, incipit di rabbia che prosegue nell' inno generazionale Male di Miele, la "Smells like Teen Spirits" della band, ottimo compendio di rock abrasivo e melodia, caratterizzato dalla voce urlata di Agnelli che non si risparmia nemmeno nella successiva Rapace, altra hit di rara bellezza ed intensa rabbia. verrò come un rapace a mutilare la pace dentro nel tuo cuore, eppoi se vuoi la mia reazione e sia I momenti più tranquilli arrivano con l' oscura e morbosa Pelle,ballad intensa che richiama nel titolo l'highlight del disco: Vorrei una Pelle Splendida, canzone che avvolge l'ascoltatore nelle sue spire e lo ammalia con le sue melodie e la seducente poesia venata di sarcasmo nel denunciare i cosiddetti "per bene", schiavi del benessere e della superficialità delle cose. Stringimi madre ho molto peccato ma la vita è un suicidio l'amore è un rogo e voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida Senza un finale che faccia male con cuori sporchi e le mani lavate A salvarmi, vieni a salvarmi, salvami, bacia il colpevole se dice la verità Le scariche adrenaliniche figlie del punk le troviamo in Dea ( Territorial Pissings "de noantri"!!) e in Lasciami Leccare l'Adrenalina, provocatoria scheggia che bilancia in maniera perfetta le chitarre piene e la melodia, con un testo dotato di sarcastica cattiveria. Forse non è proprio legale sai ma sei bella vestita di lividi mi incoraggi a annullare i miei limiti le tue lacrime in fondo ai miei brividi Una menzione merita anche Sui Giovani D'oggi ci Scatarro Su, rabbiosa polemica sulle generazioni odierne, figlie del consumismo e completamente prive di ideali. E' curioso che a distanza di vent'anni certe parole siano ancora cosi attuali. Calzino bianco va commuovi d'onestà Tronato tecnologico votato martire Cambia la permanente in dreadlocks che ti cambia il cuore Giocati l'anfibietto in tinta ti fa far l'amore Ridai i soldi al tuo papà Ridai i soldi al tuo papà Sui giovani d'oggi ci scatarro su Sui giovani d'oggi ci scatarro Come pararsi il culo e la coscienza è un vero sballo Sabato in barca a vela lunedì al leonkavallo L'alternativo è il tuo papà L'alternativa è il tuo papà Sui giovani d'oggi ci scatarro su Sui giovani d'oggi ci scatarro La voglia di sperimentazione la troviamo in pezzi come Elymania,Senza Finestra e Punto G, che iniziano dove In Utero è stato forzatamente interrotto ( e si ancora loro...), ma anche nelle ballate pianistiche di Come Vorrei o Mi Trovo Nuovo affiora l'ennesima anima degli Afterhours, che mai come ora raggiunge un suono maturo ed adulto che va aldilà del pedissequo emulare i miti americani. Come scrissi in un mio vecchio post sugli Afterhours, cosa sarebbe potuta divenire questa band se invece di nascere a Milano fosse stata di Seattle o Chicago. Purtroppo la loro italianità è stata un fattore limitante, ma c'è da dire che è una soddisfazione enorme avere nel nostro panorama e nella nostra piccola storia musicale una realtà come loro, spesso citati e lodati da bands come Afghan Whigs o personaggi carismatici come Mark Lanegan. Un disco da riscoprire e sviscerare in ogni sua singola nota, l'opera grandiosa di un band che avrebbe meritato molto di più, ma che sicuramente si è tolta le sue soddisfazioni, grazie anche alla recente rimasterizzazione di Hai Paura del Buio con la comparsata di ospiti vari( Bennato, Greg Dulli,Mark Lanegan stesso,Giuliano Sangiorgi, Subsonica, Finardi e altri solo per citarne alcuni) su ogni traccia per rendere omaggio a questo pezzo di storia. www.afterhours.it Afterhours Facebook Afterhours – Hai Paura Del Buio?
Ecco un' altra produzione targata Atomic Stuff Records, piccola label italiana che sta compiendo parecchio movimento nel sottosuolo musicale tricolore puntando sempre più spesso su bands sconosciute ma molto interessanti.
Da pochi mesi è uscito questo secondo album dei The Black Rain, hard rock da Bologna che mi ha impressionato sin dai primi ascolti per la capacità di scrivere ottime canzoni dotate di tiro e melodia e soprattutto una versatilità che trascende i generi, spaziando dagli stilemi più classici fino ad abbracciare anche sonorità più attuali.
Infatti all'interno di questo disco possiamo trovare momenti più Anni Settanta come Mesmerize, che si regge su riff rocciosi e taglienti figli di quella pietra miliare chiamata Black Dog della premiata ditta Page & Plant, ma anche melodie più easy e veloci come She's So Amazing o Robert Johnson, potenti cavalcate che se fossero state incise nel periodo d'oro dell' hard rock/ AOR americano avrebbero fatto sfracelli.
Tutto qui vi starete chiedendo?e no invece ci sono alcuni episodi che meritano davvero molta attenzione, come Rock and Roll Guy, ballad che sa di polvere e asfalto, di sudore e fatica e che ti si appiccica addosso come un paio di vecchi jeans, talmente comodi che non vorresti mai farne a meno. Times of Trouble è oscura, malinconica come solo Soundgarden e Temple of the Dog sapevano fare: il cantato di Mirko Greco trascende qualsiasi catalogazione regalandoci una prestazione ricca di sentimento e passione, elementi che raggiungono il loro zenit in Without Love, altra ballad che riesce davvero ad arrivare li dove deve colpire e cosa sarebbe potuta diventare se la produzione fosse stata davvero all'altezza di questa composizione.
Ebbene si, se devo trovare un difetto è proprio nella resa sonora, che se fosse stata più "potente" e meno ovattata avrebbe davvero regalato il top di capolavoro per questo album.
Il finale sorprende ancor di più con King of Stones, la traccia più sperimentale di tutto il disco, giocata su parti lente e stacchi più aggressivi, tutte nel segno di un hard rock oscuro che lambisce territori quasi metal.
Una traccia da ascoltare e riascoltare più volte per carpirne al meglio le sfumature e gli ottimi inserti di chitarra presenti al suo interno.
In definitiva un ottimo lavoro che, nonostante le evidenti influenze musicali, riesce a stare in piedi da solo grazie a delle notevoli capacità compositive e ad un livello tecnico davvero alto, ma soprattutto è l'ennesimo segnale che in Italia ci sono band valide che meritano di uscire dall'anonimato e che meritano maggiori riconoscimenti. www.theblackrain.com https://www.facebook.com/pages/The-Black-Rain/137533619623054 The Black Rain – Water Shape