martedì 27 maggio 2014

It Doesn't Work Yerbadiablo (Atomic Stuff Records 2013)












Yerbadiablo...ammetto che, in principio, un nome così mi ha fatto pensare subito a torride sonorità desertiche, volumi saturi e progressioni devastanti tipiche dello stoner di fine Anni Novanta. Invece con mia grande sorpresa, mi ritrovo una band dedita ad eclettiche sonorità, che spaziano a 360 gradi e sono figlie di una mentalità e di una cultura che affonda le proprie radici nei Seventies.
Gli Yerbadiablo, provenienti da Bologna, sono al loro secondo album e per rendere meglio l'idea che si possa avere riguardo la proposta musicale,vi invito ad immaginare un'improbabile incontro tra Pink Floyd e Beatles, King Crimson e Stooges e Fleet Foxes e Queen of the Stone Age come riferimento per la musica attuale: in poche parole la band bolognese crea un sodalizio progressive-alternative che lascia davvero ben sperare.
Sin dall'opener Hemp Generation si tracciano linee space rock, con innesti di sax che tracciano percorsi quasi noir, ma andando avanti con l'ascolto delle altre canzoni risaltano anche tracce pop e folk come in Black Bird, dove i Beatles più psichedelici convivono con un anima pop rock. Inoltre la scelta di cantare sia in inglese che in spagnolo, da un tocco di originalità in più alla proposta degli Yerbadiablo, che non dimentichiamolo, danno molta importanza anche ai testi , sempre improntati all'attualità e all'impegno sociale, altra tipica caratteristica di molte band degli Anni Settanta (vedi gli Area per esempio).
Se in Habemus Punk esce l'anima più grezza e stradaiola della band è in Rattlesnake Tail in the Belly of the Whale, che convive la sperimentazione più folle, come se Frank Zappa avesse potuto jammare con i Primus di Les Claypool.
Il finale Pink Clous Purple Eyes invece ci porta in territori più rilassanti ed onirici, quasi a disegnare i paesaggi desertici che avevo citato in apertura, uno strumentale che rievoca le Desert Sessions di Josh Homme e che ci culla dopo un viaggio intenso che richiede parecchia dedizione.
Un buon lavoro che porterà parecchie soddisfazioni a questa nuova realtà underground italiana, una band che dimostra di aver le carte giuste per crescere ed espandere i propri territori musicali e,magari in futuro rendere più personale la propria proposta, per adesso ancora figlia di derivazioni musicali ancora evidenti.
Facebook Yerbadiablo page
Atomic Stuff Records


sabato 10 maggio 2014

Anthological Disease Temporal Sluts (Hate Records 2013)













Se apro il mio cassetto dei ricordi e faccio un salto all'indietro di circa vent'anni fa, non posso fare a meno di riesumare una serata estiva in quel di Cantù, dove nel parchetto comunale nel centro cittadino, si tenne un concerto-evento come pochi: The Humpers, punk rock band americana, all'epoca fresca di contratto Epitaph, in una tappa del loro mini tour italiano. Ricordo l'attesa e l'euforia per un simile evento, mosca bianca nelle tediose sere brianzole, ma anche sinceri apprezzamenti per il gruppo che suonò prima di loro, i Temporal Sluts, eccezionale act made in Como, che all'epoca iniziava a raccogliere molti consensi soprattutto all'estero.
Dopo quasi vent'anni, costellati da cambi di line up, sfighe, tour e una miriade di singoli,sette pollici e split, tutti rigorosamente licenziati da etichette indipendenti di mezzo mondo, ecco una raccolta semidefinitiva della loro svariata produzione.
Il bello dei Temporal Sluts era (anzi è ancor oggi) quella enorme e dirompente carica che ha sempre contraddistinto il loro punk 'n' roll perennemente in bilico tra il punk 77 e la decadenza di Stooges, Dead Boys e Johnny Thunders. Il loro sound è abrasivo e veloce e la loro mentalità ha sempre guardato oltre i territori italici, tanto che la loro ventennale carriera li ha portati ad esibirsi in Europa e negli States in compagnia di nomi celebri della storia punk mondiale.
Riascoltando i pezzi di questo cd, mi son ritornati in mente i bei tempi dove ordinavo i loro singoli da qualche fanzine o liste di distribuzione "do it yourself", quelle belle scritte fitte fitte con centinaia di nomi e titoli, per poi far girare sul piatto del giradischi schegge di rock and roll come Mafia Boys, Kill me Again o Sex Pope, estratto dallo split proprio con quegli Humpers citati poco fa.
Se vi va di andare a lezione di storia, recuperate questa raccolta, testimonianza di una band che avrebbe dovuto raccogliere molto più di quanto abbia mai seminato, ma che ha lasciato comunque un grande segno nella scena punk rock italiana e più nello specifico, comasca!
Love is a Dog from Hell!!!!!!!!!!!
https://www.facebook.com/TEMPORALSLUTS
http://www.reverbnation.com/temporalsluts


martedì 22 aprile 2014

Let's Do It Again Giuda (Fungo Records 2013)












Devo dire che ho sempre provato un senso di nostalgia e di invidia verso la Londra Anni Settanta con quel immaginario fatto di tamarissimi lustrini glam, canzoni da jukebox da cantare a squarciagola al pub dopo svariate pinte trascinati dai loro "stomping rhythm", senza dimenticare le terraces degli stadi inglesi, con la folla che ondeggiava e cantava senza sosta, magari infagottata con enormi sciarponi a righe e gli immancabili "boots" ai piedi, i giocatori in maglia stretta con basettoni enormi e capigliature lungocrinite, cosi lontani dai divi "plastificati" dei giorni nostri.
Tutto questo preambolo per presentare i Giuda, band romana, che con questo secondo album ci riprova a riportare la macchina del tempo indietro di quasi quarant'anni, epoca dove dominavano Gary Glitter, Marc Bolan, il pub rock con Sweet e  Slade con le loro hit da classifica per far ballare e saltare generazioni intere di teenagers.
Let's Do It Again è il secondo album, un lavoro che sta riscuotendo grandi successi non solo in Italia, ma anche in Europa, perchè la proposta dei Giuda è dannatamente valida, fatta da musicisti che credono fino in fondo in quello che fanno e che curano la loro proposta fin nei minimi particolari, dalla cover dell'album (imperdibile il vinile!), fino alla registrazione, rigorosamente in analogico con strumenti volutamente vintage Anni Settanta.
Le dieci tracce che compongono il disco sono veri e propri inni, a partire dal singolo, Wild Tiger Woman, opener dell'album, perfetto nella sua semplicità che colpisce lo stomaco e le palle dell'ascoltatore.
Con Yellow Dash si rispolverano i chitarroni "tamarri" di Marc Bolan ed i suoi T. Rex, mentre Get That Goal è fatta da cori da stadio e battimani, a sottolineare ancora una volta il connubio tra musica e calcio, altra grande caratteristica della cultura british.
Teenage Rebel è un altro anthem perfetto, irresisitibile come lo è Hold MeTight che chiede solo di essere imparata a memoria e cantata senza freni.
Le indiavolate Rave On e Get on The Line sono figlie dei primi AC/DC, quelli di High Voltage e TNT, scosse di irrefrenabile rock and roll, semplice, diretto ed immortale!!
Se mai ci dovesse essere un Diluvio Universale nel panorama rock odierno, vorrei che tra le 40 bands superstiti trovassero posto i Giuda con il loro sound volutamente retrò ma splendidamente sincero e travolgente.
Provate a mettere sul piatto questo disco o concedervi una serata sotto palco con i Giuda e vedrete che non riuscirete a stare fermi per più di due secondi per trovarvi sudati e felici dopo esservi sgolati al grido di "Come On Giuda, Get That Goal!!"
www.giuda.net
https://play.spotify.com/artist/1h4q
https://www.facebook.com/pages/Giuda/162619653788119

lunedì 7 aprile 2014

Leave it Behind The Peawees (Wild Honey Records 2011)












Sono passati davvero tanti anni da quando, per la prima volta; ascoltai la band spezzina dei Peawees: erano gli anni Novanta e giravano i loro primi sette pollici, le loro prime apparizioni alle compilation punk e nelle scalette dei concerti  italiani. I loro album erano incendiari ed oltre alle influenze "ramoniche", vi si potevano trovare tanti riferimenti al rock and roll dei tempi d'oro.
Ma è con questo Leave it Behind che i Nostri fanno finalmente il salto di qualità, che dovrà permettere loro di farsi conoscere ben oltre la cerchia degli "aficionados" dei tre accordi e via.
LIB è un disco maturo, adulto, ricco di energia e splendidamente vintage, uno sguardo al passato, al Rock and Roll degli Anni Cinquanta, ma anche al Soul ed al Rhythm and Blues dei Sixties,senza dimenticare le svisate garage/protopunk della Detroit Rock City.
In questi solchi Hervè Peroncini ed i suoi boys hanno superato se stessi, trovando finalmente il giusto sound, che da anni inseguivano, impomatando di brillantina il loro punk rock, un pò come fecero i Clash  o i Social Distorsion anni prima, inseguendo le polverose highway americane per perdersi in qualche fumosa bettola, suonando un rock and roll sudato, caldo e maschio.
Il quartetto iniziale Food for My Soul-Gonna Tell-Memories are Gone e Don't Knock at my Door hanno il potere di stendere chiunque, far muovere i piedi e battere il cuore, grazie a quelle ritmiche sincopate, alle chitarre sferraglianti e a quelle backing vocals femminili che mi riportano alla mente i Commitments di Alan Parker.
Digging the Sound è working class e trasuda la rabbia black di chi cerca il proprio riscatto.

I don't know why but i got into a fight
I gave and got and i still don't know why
My face was bleeding and i couldn't see
Then i cleaned up now thats where i am

Is that you?
Got a broken nose, so desperate
Now my world is just a mess because of you
You are my angel
yeah, you were my angel and now you are gone
Took my bleedin' face to the car
Someone asked if everything was alright
I said yes cause i had all i wanted
Cause i was diggin' the sound


cosi come lo sono le atmosfere di Good Boy Mama, ritmi soffusi per una hard ballad che parla di guai e tempi duri.
Danger è puro garage'n'roll e otterebbe la benedizione di Iggy Pop ed i suoi Stooges, mentre il finale è puro amarcord  Anni Sessanta, con Count me Out, con le sue melodie da "rebel without a cause" che potrebbero far piangere od innamorare. A voi la scelta.
Per quel che mi riguarda questo album è davvero un capolavoro, un salto di qualità impressionante per una band che non guarda più da diversi anni alla scena italiana, ma vive proiettata all'Europa ed alle vicende a stelle e strisce.
Da ascoltare e riascoltare per imparare una grande lezione di storia!!!
www.thepeawees.it
https://www.facebook.com/thepeawees
Peawees – Leave It Behind


sabato 29 marzo 2014

Deadly Kick for a Fat Fucker The Clamps(Go Down Rec 2014)












Avete presente nel film Pulp Fiction la scena in cui, John Travolta, per far riprendere Uma Thurman da un overdose le inietta una siringa di adrenalina dritta nel cuore e lei, ripresasi di colpo esclama " Che botta, cazzo!Ho detto cazzo che botta!"? Ecco queste sono le mie identiche parole appena ho messo nello stereo questo debut album dei bergamaschi The Clamps, power trio di marcio rock and roll.
Lasciate da parte intellettualismi e vibranti digressioni musicali, in questo cd trovate l'essenza di quello che dovrebbe essere la vostra musica preferita: impatto, violenza ed ignoranza. Un suono pieno e diretto che prende spunto dallo stoner più marcio( Orange Goblin), il punk rock/garage e la prima ondata di rock and roll scandinavo con la benedizione dei Motorhead su tutti!
Dodici tracce che filano via che è un piacere, dall'opener Bones (impreziosita nel finale da un Hammond!) fino alla strumentale Gazza, che potrebbe uscire dai solchi infernali di Bomber del signor Kilmister. Per non dimenticare la triade Loser-Honey-Burn, nella parte centrale dell'album, una legnata tra capo e collo a cui è impossibile rimanere impassibili.
Parafrasando il titolo del cd, questi pezzi sono davvero un "calcio mortale" negli zebedei, puro godimento rock and roll per le nostre martoriate orecchie e fidatevi che anche dal vivo i The Clamps non si fanno pregare nel mettere a ferro e fuoco il palco.
C'e sempre un buon motivo per continuare a credere nel rock and roll!!!!!
Facebook page/The Clamps
www.theclamps.net
Go Down Records



domenica 23 marzo 2014

Female Shotgun The Bitch Queens (LuxNoise Rec. 2010)












In tutta sincerità,nonostante la mia residenza a pochi chilometri dal confine elvetico,non avevo mai sentito parlare di una scena rock and roll in Svizzera, , ma poi capita di imbattersi in questi BitchQueens, rockers allo stato puro provenienti da Basilea e, scopro con immenso piacere che anche  nella confederazione del cioccolato e dell'emmenthal si può ascoltare  musica di qualità.
Questo Female Shotgun risale a qualche anno fa e ci regala una mezz'ora abbondante di punk and roll sulla scia della scena scandinava dei primi anni Duemila, ovvero Backyard Babies, Hellacopters, Turbonegro e Gluecifer. Ottime chitarre ed altrettanto valide melodie ci regalano un sound si derivativo, ma graffiante e sporco come i cessi del CBGB ed aggressivo come due gatti selvatici che si azzuffano in un sacco.
L'iniziale Crucial è a dir poco spettacolare per coinvolgimento, ma non son da meno Hooked on Gasoline, Female Shotgun e Lipstick Killer, vere"killer" song che non lasciano prigionieri e conquistano sin dal primo ascolto!
Se poi vi soffermerete ad ascoltare First Rule, capirete che il dictat "First Rule is/We're better than you", non è solo una derivazione di sudditanza ramonica, ma bensì una chiara dichiarazione di intenti per una band che fa sul serio e conquista proseliti a suon di riff e sudore!
Second Rule is...da scoprire e seguire!!!!!!!!!!!!
www.bitchqueens.com
https://www.facebook.com/B1tchQueens
LuxNoise Records
Bitch Queens – Female Shotgun


lunedì 17 febbraio 2014

Troublegum Therapy? (A & M Records 1994)












Anno 1994..escono in pochi giorni due album destinati a far parlare di se ma ad intraprendere due strade diverse. Sto parlando di Dookie dei Green Day, che venderà milioni di copie e questo Troublegum degli irlandesi Therapy? (rigorosamente col punto di domanda!), incensato dalla critica ma destinato ad essere un piccolo capolavoro destinato a pochi.
Se i californiani propongono una serie di canzoni irresisitibili e catchy destinate ad essere canticchiate dalla MTV Generation, il trio di Belfast sceglie di picchiare duro, seppur costruendo canzoni che entrano nella testa a spallate dopo pochi ascolti.
I Therapy? sono in giro già da qualche anno ed hanno realizzato un paio di album in bilico tra metal,hardcore ed industrial, riuscendo a crearsi il loro giro di affezionati tra fans e critica. La svolta avviene con la firma per la label A & M che rilascia quello che dovrebbe essere il loro salto di qualità, ovvero Troublegum.
Ed il primo singolo Nowhere è davvero portentoso, una scarica di adrenalina punk rock con un chorus impossibile da dimenticare, un anticipazione del prossimo biennio dove lo skate punk californiano regnerà incontrastato.
Ma Nowhere non è il classico specchietto per le allodole, l'intero album contiene pezzi da heavy rotation come Screamager o Die Laughing, da cui verranno estratti altrettanti video.
Ma quindi come mai Troublegum non ha avuto il successo meritato? Molto probabilmente perchè in questo album si respira davvero il disagio ed il malessere di questi tre irlandesi, cosi lontani dalle noie adolescenziali di Green Day ed Offspring, ma capaci di mettere in musica con veemente e nero sarcasmo tutte le loro frustrazioni e problematiche personali.
L'iniziale Knives è una scheggia punk/hardcore fatta da riff di chitarra taglienti come bisturi e da urla lancinanti che si chiude con il mantra allucinato di "I Wanna Crawl Up Inside You and Die" che si ripete in maniera ossessiva.
Di Screamager ne abbiam parlato per il suo appeal commerciale, anche se il suo testo è un inno all'alienazione più pura.
Le influenze dei Therapy? vanno ricercate nel punk/hardcore più puro, quello di Husker Du o Melvins per esempio,cosi come il post punk e la new wave, complice anche la versione di Isolation dei Joy Division resa cromata da un muro di chitarre impenetrabile.
L'oscurità è sempre ben presente nel mondo dei Therapy?, anche se stemperata da alcune melodie che però vanno a completare il quadro allucinato che la band vuole realizzare. Muri di chitarre ( tra cui anche la comparsata di Page Hamilton degli Helmet, altra cult band Anni Novanta) ed una batteria secca e marziale fanno da ossatura alle songs proposte in questo Troublegum, dove vengono citati il serial killer Jeffrey Dahmer
Here comes a girl with perfect teeth
I bet she won't be smiling at me
I know how Jeffry Dahmer feels
(Lonely, lonely)


e Gesù Cristo
Reveal yourself to me like cheap pornography
Picking at my guilt with promises of hell

(Christ) sin (revealed), it's all that you know
(Christ) sin (revealed), it's all that you know
(Christ) sin (revealed), it's all that you know
(Christ) sin (revealed), it's all that you know

Glad my mirror's broken, my image is a burden
I want to lose myself in the coming of the Lord


In Femtex si esalta la masturbazione compulsiva come valvola di sfogo per non impazzire completamente, disegnando cosi un quadro cupo e disperato.
Dopo la pubblicazione di questo album, i Therapy? ebbero il loro momento di gloria, che si esaurì nel giro di un paio di album, ma nonostante ciò la band irlandese continua a pubblicare dischi e macinare tour, proponendo sempre live set infuocati e canzoni intelligenti, sempre rimananendo fedele alla loro etica underground.
Da (ri)scoprire!
Therapy? Official Site
Therapy? – Troublegum