sabato 3 marzo 2012

El Camino The Black Keys (Nonesuch records 2011)











Giuro che i Black Keys li ho seguiti sin dal loro primo demo, giuro che i Black Keys sono sempre stati il gruppo che citavo come "next big thing" da parecchi anni a questa parte...giuro che in questo momento ho le dita incrociate, perchè non sapevo nemmeno chi fossero prima di essere folgorato dal singolo-tormentone Lonely Boy, anche se una certa curiosità me la misero addosso grazie a quella bella copertina vintage che chiede solo di avvolgere un bel vinile.
I Black Keys sono un duo "nerds" proveniente dal Ohio, già da molti anni attivi all'interno del circuito alternative-rock e, che con le loro precedenti produzioni hanno ottenuto un gran vociare tra gli addetti e gli appassionati del sottobosco indie. A quanto pare, dopo l'uscita di El Camino hanno fatto il salto di qualità con vendite, passaggi radiofonici e televisivi e sold out ai loro concerti.
El Camino è un gran bel disco che gira ormai da settimane nello stereo della mia auto e  forse il miglior modo per goderselo è proprio questo: guidando lasciandosi trasportare dal ritmo di questo album. Blues, Soul, Rock and Roll, minimalismo pop e un forte retaggio indie sono gli ingredienti miscelati dalla coppia Auerbach-Carney, che sembra abbia fissato le lancette del proprio orologio musicale alla fine dei Seventies, vista la continua ricerca di tutto quell'immaginario rock and blues costruito nel ventennio Cinquanta/Settanta.
L'unica concessione alla tecnologia odierna è la produzione di Danger Mouse, che conferisce ai suoni un taglio più in linea con i tempi, un buon mezzo per accappararsi fans nuovi, non avvezzi a certe sonorità , ma che ha fatto storcere il naso a molti adepti della prima ora.
Detto di Lonely Boy in apertura, non lasciamo passare in secondo piano le altre tracce di questo disco, visto che di carne al fuoco ce ne è davvero molta, a partire dalla successiva Dead and Gone, essenziale come solo i White Stripes sapevano fare, ma abbellita da coretti catchy molto Sixties oppure dal secondo singolo estratto, Gold on the Ceiling, blues ritmato impreziosito da tastiere tanto tamarre quanto efficaci, che regalano un motivo che difficilmente vi uscirà dalla testa.
Little Black Submarines è un altro highlight: un intima ballada costruita su pochi accordi, che deflagra in roboanti vibrazioni elettriche nella sua seconda parte: un tributo ai Led Zeppelin d'annata che potrebbe regalare una seconda giovinezza anche a sua maestà Jimmy Page.
Money Maker è la traccia più hard rock oriented, dalle tinte psichedeliche alla Screaming Trees, mentre Run Right Back chiama in causa Josh Homme ed i suoi Queens of the Stone Age, grazie anche alle linee melodiche del cantato di Dan Auerbach.
La vena più pop esce in brani come Sister o Stop Stop con coretti molto accattivanti, anche se la struttura rimane sempre ancorata al vecchio blues.
Come vedete i Black Keys non inventano nulla di nuovo, ma rielaborano alla grande sentieri già battuti con una ricerca della melodia e del ritmo davvero impressionante.
Nonostante le ottime recensioni, questo disco, che celebra la svolta più commerciale della band, ha ricevuto anche parecchie critiche, per aver abbracciato lidi più mainstream: poco importa, l'importante è che coinvolga l'ascoltatore e regali emozioni e per quel che mi riguarda El Camino ha centrato il bersaglio al primo colpo!
Ed ora me lo registro su una vecchia cassetta e lo metto nello stereo del mio impolverato van  Chevrolet: mi terrà compagnia mentre guido su qualche impolverata e solitaria strada bruciata dal sole nella sperduta provincia americana!
www.myspace.com/theblackkeys
www.facebook.com/theblackkeys

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