martedì 28 ottobre 2014

The Southern Harmony & Musical Companion The Black Crowes (Def American Recordings 1992)












Dove ci eravamo lasciati? con il debut album bestseller Shake Your Money Maker e con la strada spianata verso un crescente successo! Ecco questa è la via che tracciano i Black Crowes, band guidata dai litigiosissimi fratelli Robinson, che vedono le loro gesta catapultate sui palchi di tutto il mondo, pronti a sfidare il nascente astro del grunge con i suoi chitarroni pesanti e le camicie di flanella.
Della partita entra il chitarrista Marc Ford, che darà ancor più vigore alle nuove composizioni, che verranno pescate a piene mani, come potenziali singoli, per trascinare l'album nelle classifiche di vendita.
Le coordinate stilistiche son sempre le stesse: un buon hard rock venato di soul, ma con l'aggiunte di quel blues sporco e graffiante che ha reso immortali la coppia Richards & Jagger.
Ecco quindi l'opener Sting Me, ottimo "rock and soul"  impreziosito da cori femminili, per dare quell'aurea "southern" alla canzone. A ruota segue Remedy, primo singolo  che colpisce direttamente al cuore con il suo ritmo cadenzato dettato da un piano honky tonky e dal suo chorus sinuoso e sensuale grazie ai soliti controcori femminili messi li ad arte.
Ma nulla di questo album è scritto a tavolino per vendere, qui c'è una pura passione rock and roll, sanguigna e viscerale, sicuramente in contrasto coi tempi che furono, anacronistica ma dannatamente efficace perchè vuole colpire il centro nevralgico dei sentimenti dell'ascoltatore.
Sotto quindi con il sofferente blues di  Bad Luck Blue Eyes Goodbye, lento  e carico di dolore come solo chi patisce le pene d'amore può provare. Ed è sempre il blues la strada maestra da seguire come in Sometimes Salvation, dove lo spettro di Janis Joplin si materializza in tutta la sua urgenza di scaldare le corde vocali con l'ultimo sorso di Southern Comfort: qui Chris Robinson sembra davvero essere impossessato dal demone alcolico della Joplin, e la sua voce traccia la linea guida nella sua roca disperazione.
Thorn in My Pride è la ballata che fa tirare il fiato, notturna e rilassante, tra le sue percussioni, il calore di un Hammond, vitale come  il ritrovarsi attorno ad un falò in una notte d'inverno.
Hotel Illness è l'ennesimo singolo estratto all'epoca ed è devozione assoluta ai Rolling Stones ed alle highway americane, cosi come Black Moon Creeping e My Morning Song che omaggiano gli Zeppelin e il vibrante hard rock dei Seventies tra ottimi riff, assoli cesellati ad arte e la consapevolezza che senza i grandi del passato non si può andare avanti.
La chiusura è affidata ad una cover, pratica che spesso ha visto i Black Crowes impegnarsi a dare versione inedite di pezzi altrui. In questo caso tocca a Bob Marley, con la sua Time Will Tell, ripresa in chiave acustica e con un tocco soul che sa davvero stravolgere l'originale ma sa anche dargli una potente aurea "black" che fa chiudere il legame sacro con il cantante giamaicano.
Un altro grande capolavoro quindi di questa ottima band, che ha saputo scrivere grande musica senza svendersi alle leggi di un mercato, che, all'epoca, guardava da tutt'altra parte, ma che grazie alla grande passione ed alla sincera proposta dei fratelli Robinson, ha saputo ritagliarsi una parte importante nella storia del rock americano.
www.the blackcrowes.com
www.facebook.com/TheBlackCrowes
The Black Crowes – The Southern Harmony And Musical Companion

2 commenti:

  1. Questo disco è talmente bello che lo tengo sotto il cuscino :)

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  2. decisamente!!!credo che i primi tre album dei Crowes siano fantastici..poi a seguire il live con Jimmy page e la raccoltona in acustico Croweology

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