Non è la prima volta che gli Screaming Trees compaiono in questo Blog , un piccolo e devoto omaggio ad una delle band tanto influenti quanto sottovalutate del panorama alternative degli Anni Novanta.
All'epoca la band di Washington era una delle tante promesse che agitavano il sottosuolo americano, una lunga gavetta che ha attraversato gli Eighties sotto la guida di Greg Ginn ( ex Black Flag) e della sua label indipendente SST, ma il salto di qualità, se cosi si può chiamare, coincide con la firma di un contratto discografico con la Epic Records, attenta ai forti cambiamenti musicali di quei anni ed alla collaborazione con Chris Cornell, che prenderà la band sotto la sua ala protettrice e plasmerà il sound degli anni a venire, rendendolo più oscuro e crepuscolare, in linea con l'impennata grunge del momento, ma soprattutto, valorizzerà la voce calda ed intensa di Mark Lanegan più a suo agio con queste nuove sonorità cupe e malinconiche.
Uncle Anesthesia è il primo tassello della trilogia "grunge" degli Screaming Trees, anche se è davvero riduttivo affibiare loro questa etichetta per descrivere la loro musica. C'e ancora tanto garage, c'è psichedelia e un pizzico di hard rock: un suono ancora acerbo, sintomo di un evoluzione che ancora si deve compiere, ma che appare irreversibile.
Beyond The Horizon, Bed of Roses, la stessa titletrack ed Ocean of Confusion sono un fulgido esempio di chitarre graffianti,ma sempre melodiche, malinconiche e sognanti, con la calda ugola di Lanegan, allenata con anni di stravizi ed eccessi, che finalmente ha trovato il giusto suono in cui esaltarsi ed essere apprezzata in pieno.
La linearità è un altra caratteristica di questo album: non ci sono canzoni che si ergono sopra le altre, singoli che ammazzano le classifiche ( ecco perchè divennero seconde linee al cospetto di Pearl Jam o Alice In Chains), ma è tutto il contesto che fila via bene ed ascolto dopo ascolto ognuno troverà il momento preferito su cui esaltarsi, che sia una strofa, un ritornello o semplicemente la linea melodica delle chitarre. Nello specifico ci sarebbe da citare comunque la cupezza di Alice Said, personaggio che compare anche nella visionaria copertina ed omaggiato dal Cappellaio Matto Lanegan in un caleidoscopio di ombre e scure tinteggiature che trovano il giusto sfogo in Disappearing, danza macabra con un tocco mariachi, dato dalle trombe in sottofondo.
In Time for Light invece gli Screaming Trees si ricordano che fino a poco tempo prima erano pur sempre una band del rooster di Greg Ginn e non lesinano a picchiare duro nel pezzo più incazzoso di tutto il disco.
La giusta consacrazione dovrà comunque ancora venire, tempo al tempo, ma Uncle Anesthesia rimane un ottimo disco di transizione dal garage indie della prima parte della carriera al grunge più adulto di Sweet Oblivion fino ad arrivare al crepuscolo polveroso di Dust, ottimi vestiti confezionati su misura per la voce meravigliosa di Mark Lanegan.
On a day so long ago, now no one can remember
There's a change this too will pass and vanish in the haze
This is moving too far under the skin of your sightOcean of confusion took me back to the end of the night
www.screamingtrees.net
Spotify-Uncle Anesthesia
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