"SOMEWHERE IN MY SOUL, THERE ALWAYS ROCK AND ROLL"
Quando nei primi anni del nuovo secolo, uno ad uno se ne andarono 3/4 della formazione dei Ramones, lo sconforto tra i fans (me in primis) fu profondo, ma fu anche accolto come un "beh prima o poi doveva succedere" viste le precarie condizioni di salute dei "Brodders". Ma all'annuncio dell'improvvisa morte di Joe Strummer, il 22 dicembre 2002, la comunità di fans rimase scioccata, dato che l'ex frontman dei Clash era in piena attività, sia compositiva sia dal punto di vista live, con la sua rodata backing band, i Mescaleros.
Il disco che sto per recensire lo si può definire postumo a tutti gli effetti, visto che uscì un anno dopo la sua morte, per volere della sua band che finì di suonare e registrare i demo in fase embrionale delle canzoni qui presenti.
In molti storcerono il naso, ma analizzando più a fondo i contenuti di questo album affiorano le idee e la forte personalità di un instancabile musicista, sempre pronto a mettere in gioco la sua arte e la sua infinita passione.
Strummer ha sempre avuto una visione a 360 gradi riguardo la musica, non ponendosi mai limiti o barriere di genere, ma lasciandosi trasportare dalle emozioni che gli davano musicisti ed artisti dai luoghi più disparati del globo: il messaggio di Streetcore è chiaro, riportare la musica alla sua forma più pura e sincera, partendo proprio dalla strada, dal viaggio, dai ricordi e dalle conoscenze che si possono fare quando si passa la vita on the road, salendo e scendendo da un palco all altro, che sia quello del Madison Square Garden oppure quello di un anonimo pub della periferia inglese.
Nei quaranta minuti di questo testamento sonoro c'è davvero tanta carne al fuoco, dall'attacco inziale di Coma Girl, con il suo rock and roll garage minimale fino alle divagazioni rocksteady di Get Down Moses, dove lo spirito combat e barricadero che ha sempre contraddistinto Strummer esce prepotentemente.
Lying in a dream, cross battle field,
Crashing on a downtown strip,
Looking in the eyes of the diamonds and the spies and the hip
Who's sponsoring the crack ghetto?
Who's lecturing? Who's in the know and in the don't know?
You better take the walls of Jericho
Put your lips together and blow
Goin' to the very top
Where the truth crystallizes like jewels, in the rock, in the rock
Get Down Moses - from the eagle's aerie
We gotta to make new friends out of old enemies
Get Down Moses - back in Tennessee
Get Down Moses - down with the dreads
They got a lotta reasoning in a dreadhead
Get Down Moses - down in the street
Get Down Moses
Sulle note di Long Shadows aleggia l'ombra di Johnny Cash ed infatti la leggenda vuole che questo pezzo sia stato composto per essere cantato insieme a lui, ma purtroppo il destino, ancora una volta beffardo non ha mai fatto incontrare i due per questa session.
Una bellissima ballad in stile American Roots, dall' aria polverosa e vagabonda fatta per percorrere le strade d'America e dare voce a tutti gli arrabbiati
I hear punks talk of anarchy – I hear hobos on the railroads
I hear mutterings on the chain gangs
It’s those men who build the roads
Anche la successiva Arms Aloft è destinata a lasciare il segno, grazie alle sonorità più rock oriented, tanto da essere coverizzata negli anni a seguire dai Pearl Jam e chissa, forse nei progetti di Joe Strummer, ci sarebbe stata anche una collaborazione con loro. Ancora una volta il destino con cui fare i conti....
L'etereo dub di Ramshackle Day Parade, con le sue aperture corali ci porta alla prima delle due cover inserite in questo album, quella Redemption Song che fu la celebrazione massima di Bob Marley, qui è omaggiata dalla voce calda e dall'accento cockney di Strummer in una versione che lascia gli occhi gonfi di lacrime tanta è l'intensità di questo pezzo.
La seconda cover è posta in chiusura, Silver and Gold, ma conosciuta come Before I Grow Too Old di Bobby Charles ed è l'ennesimo sberleffo del destino, poichè vengono citati sogni e buoni propositi da fare prima di invecchiare...ma Joe non ne ha avuto modo e non ne avrebbe avuto nemmeno tempo vista la sua frenetica e costante attività di musicista, scrittore, dj, oratore e organizzatore di eventi come Strummerville, una Woodstock in miniatura dedicata all'impegno sociale e al promuovere band emergenti.
Un album quindi che ha molto da dare, forse la migliore uscita da quando Strummer pose fine ai Clash trovando il giusto equilibrio con la sua nuova creatura, i Mescaleros. ed ancora una volta è il caso di dirlo...maledetto destino!
Strummerville
RadioClash. Portale Italiano sui Clash e Joe Strummer
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