lunedì 7 maggio 2012

August and Everything After Counting Crows (Geffen records 1993)












Nei primi anni Novanta i Counting Crows vengono gettati nella mischia del calderone rock mainstream grazie ai passaggi in heavy rotation del loro singolo Mr Jones, che diverrà la "One Hit Wonder" della band relegandoli a meteora di MTV senza tener conto delle grandi potenzialità di questo gruppo.
August and Everything After è il folgorante debutto di  musicisti semisconosciuti guidati da un istrionico personaggio che ha vagabondato per gran parte della sua esistenza per le strade d'America, innamorato della poesia di Dylan e Springsteen e, che grazie a quest'incontro, riesce finalmente a liberare le sue doti di cantante e songwriter.
Adam Duritz diventa il leader grazie alla sua voce malinconica, a metà tra Michael Stipe e Sting, che si aggrappa con le unghie alle raffinate melodie della sua band che, finalmente, riesce a riportare in classifica questo ibrido tra rock, blues e folk, ovvero le radici più pure della tradizione americana.
Ascolto dopo ascolto ci si affeziona alle storie raccontate lungo le undici tracce di questo album, storie semplici, storie di un paese immenso come l'America, che, con le sue metropoli( come San Francisco, cantata in Sullivan Street) spesso si dimentica di posti lontani e sperduti, dove però si continua a vivere, sognare e sperare.
Omaha, somewhere in middle America
Get right to the heart of matters.
It's the heart that matters more.
I think you better turn your ticket in
and get your money back at the door.

(Omaha)
Ed il sogno e la speranza magari sono proprio sopra un treno, che farà fuggire dalla provincia, per non invecchiare e morire di solitudine
 She buys a ticket cause it's cold were she comes from
she climbs aboard because she's scared of getting older in the snow
love is a ghost train rumbling through the darkness
hold on to me darling I got nowhere else to go

(Ghost Train)
e magari, un incontro inaspettato potrà riservare un grande amore, come nella migliore delle favole rock and roll.
 Anna Begins è una grande canzone che scava nelle profondità del dilemma amoroso, con i dubbi, i pensieri, le parole vane di chi consiglia dall'esterno (un amico...un'amica), ma alla fine è sempre il cuore a decidere cosa sia giusto o no, magari nel modo più irrazionale che ci sia. Ed è proprio l'incedere di questa canzone, con i suoi cambi d'accordo che fa dissipare le nubi che avvolgono il cuore della protagonista.
 It does not bother me to say this isn't love.
Because if you don't want to talk about it then it isn't love.
And I guess I'm gonna have to live with that.
But I'm sure there's something in a shade of grey,
Or something in between,
And I can always change my name
If that's what you mean.

La malinconia però è il sentimento che fa da padrone in gran parte dei pezzi di quest'album, come nella bellissima ma terribilmente amara Rain in Baltimore o nell'oblio di Perfect Blue Buildings, un luogo fantastico e sereno dove rifugiarsi dalla grigia monotonia di tutti i giorni.
It's 4:30 A.M. on a Tuesday.
It doesn't get much worse than this.
In beds in little rooms in buildings in the middle
of these lives which are completely meaningless,
help me stay awake, I'm fallin'...

Asleep in perfect blue buildings,

beside the green apple sea,
I wanna get me a little oblivion, baby,
and try to keep myself away from myself and me.

E poi c'è il singolo Mr Jones, croce e tormento dei CC, il loro pezzo più famoso, che però li ha imprigionati in un effimero successo: una grande canzone, melodica, ruffiana con quel suo "Sha-la-la-la" di  vanmorrisoniana memoria, ma che possiede tutte le qualità per superare la prova del tempo ed essere incastonata tra gli evergreen degli anni Novanta.
Un grande debutto che merita di essere ascoltato ed apprezzato, cosi come la successiva discografia dei Counting Crows: dischi che sono passati in secondo piano, ma che conservano le ottime qualità mostrate nel fantastico esordio di Duritz e soci.
www.countingcrows.com
 feathers in my hand-sito italiano sulla band









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